Nell’ultimo speciale di stand-up di Marlon Wayans – Good Grief, a disposizione su Prime Video – si parla praticamente solo di famiglia. Questo perché nella vita è anche bello essere non solo del tutto trasparente, ma anche onesti intellettualmente. E Marlon Wayans, senza la famiglia che ha avuto e che l’ha supportato, l’ha formato, gli ha aperto la strada nel mondo dell’intrattenimento e gli ha dato la possibilità di esordire su una piattaforma già solida e bella spaziosa, oggi sarebbe uno dei tanti bravi comici di cui nessuno si ricorda perché sono stati esposti a un pubblico troppo ristretto. Senza la sua famiglia, inoltre, Marlon Wayans non avrebbe il ragguardevole corredo genetico per dimostrare, a 52 anni suonati, almeno vent’anni in meno, questo torrido figlio della buona donna di cui parla per tutto lo spettacolo, l’edipica signora Elvira.
Marlon Wayans è l’ultimo dei dieci fratelli Wayans, che ormai non sono più solo i fratelli Wayans, ma sono anche i nipoti Wayans – e se andiamo a cercare molto bene secondo me rischiamo di trovare anche alcuni cugini di secondo grado Wayans. Dei dieci fratelli Wayans, sei hanno fatto (una signora) carriera nel mondo dello spettacolo. Si passa dai capostipiti Keenen Ivory Wayans e Damon – che hanno cominciato negli USA con la serie di sketch comedy In Living Color, ma in Italia hanno cominciato a essere celebri quando il secondo ha creato e interpretato la sitcom Tutto in famiglia a inizio anni 2000 – e si arriva fino agli ultimogeniti Shawn e Marlon, con cui i fratelli maggiori hanno creato e realizzato White Chicks e la lunghissima serie di Scary Movie. Roba per lo più tagliata giù con l’accetta smussata, ma performata con un livello di energia invidiabile. E comunque tutto umorismo che, chissà come mai – in realtà unə se lo immagina come mai: per piacere a più persone possibile devi essere tanto brillante quanto paraculə – un’intera generazione cresciuta tra fine anni 90 e nuovo millennio continua a citare come fosse la tavola delle leggi comiche. Germi miei:
Dunque, si diceva che Marlon Wayans è l’ultimo di dieci figli, confezionati con mirabile sprezzo del pericolo da un papà testimone di Geova che non faceva gli auguri di compleanno e da una mamma che all’idea di convertirsi ha detto: no grazie, sono cristiana e mi piace il Natale. In più, la genitrice aveva anche il dono di saper imporre sulla prole il potere della logica e del calcolo: vostro padre è testimone di Geova perché ha dieci figli e un lavoro solo, cercava solamente il mondo migliore per evitare di fare regali di Natale e di compleanno. È sarcastico quando dice di essersi preso la rivincita decenni più tardi, quando ha cominciato a cambiare il pannolone al padre? Eh dio. Abbastanza. Pulire il culo ai propri genitori anziani e non autosufficienti è un’attività che può e deve essere descritta con tutte le parole migliori del mondo, ma forse “rivincita” è una di quelle che ci azzecca meno.
Detto questo, però, non capita spesso di sentire un comico – che peraltro fa della fisicità uno dei propri tratti caratteristici (vedere qualcuno mimare faccende buffe correlate alla cacca è ancora più soddisfacente che sentire qualcuno raccontare faccende buffe correlate alla cacca) – parlare in chiave umoristica delle esperienze fecali che riguardano gli anziani genitori di cui è stato caregiver. E – chissà come cacchio c’è riuscito – in Good Grief non viene praticamente mai il dubbio che un multimilionario di Hollywood come Marlon Wayans faccia solo finta di non avere a libro paga una mezza dozzina di badanti. Sarà che la descrizione della zona inguinale del padre è talmente vivida (“Sembra un topo che scappa da un incendio e passa sotto agli spruzzini accesi in giardino”), che anche se non fosse strettamente ispirata a fatti realmente accaduti, andrebbero comunque apprezzati il coraggio e lo sforzo immaginifico per creare quella similitudine.
In Good Grief Wayans, noto al cinema per uno stile di comicità slapstick e adolescenziale, dimostra un’insospettabile capacità di creare un’immagine dietro l’altra, che qualitativamente parlando si alternano tra il crasso, il volgare, l’infantile, l’immaginifico, il poetico e l’anatomico, ma sono sempre esilaranti. Questa abilità di formare quadri di similitudini vividi e tridimensionali si unisce alla perfezione all’esuberante espressività fisica clownesca di Wayans, che riesce a conciliare le due anime come capita assai raramente di vedere, ovvero senza lasciare solchi o fastidiose pieghe, senza un interruttore che si accende o si spegne visibilmente.
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