La seconda faida targata Ryan Murphy (dopo quella tra Bette Davis e Joan Crawford raccontata nella prima stagione) si consuma tra lo scrittore Truman Capote (Tom Hollander) e i suoi “cigni”, donne dell’alta società newyorkese (ma anche Marella Agnelli fu una prediletta) che tradì facendo delle loro intime confidenze materia letteraria per Preghiere esaudite, la sua Recherche ambientata nel jet set americano, progetto tra finzione e reportage che segnò la fine della sua carriera e, di riflesso, della sua vita. Nel 1975 l’anteprima su “Esquire” del capitolo La Côte Basque - in cui descriveva personaggi e fatti reali del gotha dell’epoca solo vagamente camuffati - scatenò l’inferno: se Capote affrontò con spavalderia l’ostracismo che il bel mondo decretò nei suoi confronti, di fatto fu un colpo dal quale non si riprese; di quell’opera saranno raccolti in volume pochi stralci (uscirà postuma nel 1986): degli altri favoleggiati capitoli nessuna traccia (smarriti o rubati? Probabilmente mai scritti, anche se risale al 2012 il ritrovamento di un frammento inedito).
Tratta da Capote’s Women di Laurence Lemer (Garzanti), la stagione, quasi interamente diretta da Gus Van Sant, si concentra sul suddetto nucleo di avvenimenti con occasionali sguardi al passato (1966, l’anno di A sangue freddo, che segna il culmine della gloria - sancito dal party del secolo, il Ballo in bianco e nero che lo scrittore organizzò al Plaza - e l’inizio della discesa). Il cigno Joanne Carson ricordava come Capote amasse alterare la verità e come, all’indomani di una serata noiosissima, lo scrittore ne parlasse facendola sembrare favolosa: «Truman, c’ero anch’io, non è andata così». E lui: «Ma è così che sarebbe dovuta andare». Il principio per cui «non bisogna lasciare che la verità rovini una buona storia» nutre la stessa serie: stante cronaca, perfetta ambientazione d’epoca e puntuale galleria di figure, il resto è ricostruzione romanzata, ricamo intrigante di quella realtà.
L’arte può tutto: così l’incontro con lo scrittore James Baldwin (Chris Chalk) è una commovente fantasia onirica dalla quale Capote riemerge dopo un tentato suicidio; così la riconciliazione con la più adorata delle amiche Babe Paley (Naomi Watts, vera protagonista della stagione), l’algida socialite «il cui unico difetto è la perfezione», è desiderio che diventa incontro apocrifo prima e toccante dialogo tra fantasmi alla fine; così coscienza e subconscio dello scrittore assumono caustiche fattezze materne (Jessica Lange). Il falso avvalorato dal vero. E viceversa: perché Ann Woodward (Demi Moore) si uccise sul serio dopo la pubblicazione di La Côte Basque, così come documentata è la relazione tra il marito di Babe (Treat Williams all’ultima interpretazione) e la sua amica Slim (Diane Lane), vero cervello della fatwa calata sullo scrittore. Un omaggio perfetto a Capote perché - prima che nella sostanza - tributato nello stile e nel concetto, di cui la serie riattiva mirabilmente una delle più grandi doti: rendere più interessanti, con le proprie bugie, le verità degli altri.
La serie tv
Feud
Biografico - USA 2017 - durata 55’
Titolo originale: Feud
Creato da: Jon Robin Baitz, Ryan Murphy, Jaffe Cohen, Michael Zam
Con Jessica Lange, Jaffe Cohen, Susan Sarandon, Roger Brenner, Molly Ringwald, Diane Lane
in streaming: su Disney Plus
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