Innanzitutto chi è Julio Torres? Bella domanda, grazie mille. Il problema è che dopo aver visto l’episodio pilota di Fantasmas – sitcom targata HBO, tagliata con l’LSD e da fumare usando come cartine le pagine dei Seminari di Jacques Lacan – siamo piuttosto sicuri che Julio Torres non vorrebbe che rispondessimo alla domanda. Non a caso Torres si è ideato, sceneggiato, diretto, interpretato (nei panni di se stesso) e prodotto una serie in cui racconta cosa voglia dire essere Julio Torres in una realtà messa in scena attraverso gli occhi di Julio Torres. Se vi sembra un approccio piuttosto ombelicale, avete ragione. Se non siete convinti che ogni artista vero faccia uscire le sue creazioni dall’ombelico, allora leggete i libri di Fabio Volo ed è il momento di una sessione di cura Ludovico con l’intera filmografia di Carmelo Bene. Tecnicamente, quest’ultimo e Julio Torres non sono nella stessa frase perché sarebbe, in effetti, davvero eccessivo. Ma è anche vero che Carmelo Bene non è mai stato un millennial gay salvadoregno emigrato negli Stati Uniti da adolescente.
Julio Torres sogna di essere vestito da Pinocchio. È in casa a leggere un libro orizzontale, al sicuro da una tormenta, e a un certo punto apre tende e porte che non danno su finestre o entrate, ma su una parete. Fuori da quella stanza, la gente cammina sotto la neve incessante e ognuno indossa la stessa brutta giacca a vento nera, che ripara dal freddo ma fa anche sembrare tutti quanti uguali e tristi.
Di fronte a Julio c’è un manichino con il suo nome che porta proprio quella giacca. La stanza dietro di lui si sta stringendo sempre di più e l’alto cappello a punta gli impedisce di uscire dalla porta senza scendere a compromessi e rinunciare alla propria identità. Poi Julio Torres si sveglia e va a colloquio con i responsabili di una fabbrica di pastelli.
Chiede loro di sbrigarsi a inventare un pastello di colore chiaro, laddove “chiaro” non è un aggettivo qualificativo bensì il nome di un nuovo colore. Vuole un colore per disegnare lo spazio che c’è tra di noi, la memoria, l’aria, gli odori, tutte quelle faccende a cui al momento non è permesso avere colore. Dargliene uno significa riconoscere che può esistere qualcosa di diverso, qualcosa che non sottostà per forza alle leggi dell’arcobaleno. Quel colore dovrebbe chiamarsi Fantasmas. Al plurale. Perché la logica, certe volte, è un po’ sopravvalutata.
All’uscita dal colloquio, Julio sale sull’Uber che ha prenotato. Guida Chester, che ha la sua app personale per farsi prenotare le corse e in macchina ha un piccolo televisore che trasmette 24 ore su 24 7 giorni su 7 la sitcom Melf, in cui l’eponimo alieno rosa atterra nel soggiorno di una perfetta famigliola dei sobborghi medio-borghesi, seduce il capofamiglia interpretato da Paul Dano e distrugge un matrimonio idilliaco.
La figlia primogenita crescerà odiando Melf, scoprirà di essere una persona di genere non binario, cambierà il proprio nome in Toast, si fidanzerà con una donna e alla fine si riappacificherà con il padre. Nessuno dei presenti estrarrà dal cilindro David Lynch e la sua sitcom con i conigli, ma di sicuro il riferimento ad Alf è assai gradito.
Julio ha un assistente robotico di nome Bibo, il quale lo accusa di gaslighting quando gli viene detto che certamente può prendersi un giorno di ferie per andare dal dentista, ma non dovrà rimanere deluso nel momento in cui gli faranno notare che non ha denti.
Torres sente la voce di uno sbrilluccicante orecchino a forma di ostrica la cui forma e dimensione richiamano la voglia che ha dietro l’orecchio, e sul quale pende un anatema ancestrale. Acquistato. Senza fattura. E per giunta in un mondo in cui, per riuscire ad avere in affitto un appartamento, è necessario possedere un documento legale chiamato Prova di Esistenza.
A rivelarci il meta-segreto di quello che sta succedendo è Vanesja – si pronuncia Vanesa, la i lunga è muta – performance artist e facente funzioni di agente per Julio, che rivela come l’assistito sia stato colpito da un fulmine quand’era bambino mentre stava facendo la cacca nei boschi; da allora è in grado di vedere il mondo in modo diverso da tutti gli altri. Ha senso.
Julio è in grado di percepire la vita interiore di forme, colori, suoni, numeri e lettere, e fornisce consulenza a chi gliela chiede. Il mestiere di Julio è quello di essere il più possibile Julio, e ricordare a tutti che la povera lettera Q non ha chiesto di essere posizionata così presto nell’ordine alfabetico. Fosse stato per lei, se ne sarebbe rimasta insieme alle altre lettere avanguardiste in coda, la W, la X, la Y e la Z.
La lotta di Q è simboleggiata da Steve Buscemi con cresta punk e sintetizzatore che si esibisce davanti a un pubblico che si aspettava il Coro dell’Antoniano. Nel frattempo, la professoressa Amina Roberts è stata infettata dal morbo di Julio durante un viaggio insieme nella Chestermobile ed è decisa a scoprire chi, fra gli alunni della scuola superiore in cui insegna, va in giro a disegnare organi genitali maschili che fanno i timidi e nascondono il viso.
Cosa abbiamo appena visto? C’è talmente l’imbarazzo della scelta, che non saprei da dove partire. E già questo è un punto a favore, per una serie che ricorda da vicino la clamorosa libertà, anarchica e priva di timori, di un capolavoro come Sono Vergine. Julio Torres è assurdo e fortemente politico proprio come Boots Riley, ma per forza di cose racconta se stesso e il proprio punto di vista. I colori sono più scuri, i contrasti cromatici più evidenti.
Le scene, ridotte al minimo in maniera immaginifica e surreale, sono collegate da un montaggio inventivo ed espressivo. A volte trionfa l’ovvio – il graffitaro di piselli schivi è il bullo della scuola, incapace di esprimere in maniera funzionale le proprie insicurezze – ma in tutte le altre situazioni costruite nel pilota permane la sensazione di trovarsi di fronte a una reinvenzione dark e intimista del linguaggio della sitcom.
La serie tv
Fantasmas
Commedia - USA 2024 - durata 28’
Titolo originale: Fantasmas
Creato da: Julio Torres
Con Ikechukwu Ufomadu, Sandra Caldwell, Kate Berlant, Bernardo Velasco, Julio Torres, Dylan O'Brien
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