Siamo sinceri: nessuno batte Lino Capolicchio come giovane nevrotico e sessualmente complessato, sempre sull’orlo di una crisi di nervi, nel cinema italiano di fine anni 60. Un giovane normale, appunto, per citare il film del 1969 di Dino Risi con Lino protagonista dall’omonimo romanzo di Umberto Simonetta. Tutto, però, era cominciato con Escalation, film del/sul 1968 di Roberto Faenza (RaroVideo), ideale prosecuzione della vague varata da Bellocchio e i suoi pugni in tasca, ancora oggi godibile come reperto di un’epoca che mescolava contestazione e pop art, speziate d’erotico e screziate di giallo.
La parabola di Luca Lambertenghi, figlio di un industrialotto rapace, da hippy stralunato a neoimprenditore perfettamente integrato nel sistema, irretito da una psicologa decisa a servirsene come strumento per la propria escalation sociale dall’esito tragico, diventa il trademark di Capolicchio attore tra i 60 e i 70. Approdato al cinema dopo l’Accademia nazionale di arte drammatica Silvio D’Amico e tanto teatro a Milano al Piccolo con Giorgio Strehler, in diverse occasioni si trova, infatti, a rivestire i panni del giovane tipico del tempo, così come lo vedono i matusa e i media, contestatore in rotta con famiglia e società, pronto, però, a volgersi nel suo opposto per convenienza (da Metti, una sera a cena di Giuseppe Patroni Griffi a Le tue mani sul mio corpo di Brunello Rondi).
In questo senso, l’avvocato Arduni di Un apprezzato professionista di sicuro avvenire (1972, Minerva Classic), che arriva a convincere l’amico sacerdote a ingravidare sua moglie per avere un erede, pare proprio quello che il Lambertenghi di Escalation sarebbe potuto diventare da grande: un mostruoso arrampicatore sociale, pronto a ogni bassezza, persino al delitto, pur di salvare la faccia e fare carriera. Gli offre un palcoscenico ideale, in un mix spericolato di mélo, giallo e commedia nera, Giuseppe De Santis di ritorno dietro la mdp dopo diversi anni dal calvario del precedente Italiani brava gente e al suo ultimo film (anche co-prodotto), un oggetto affascinante nelle sue imperfezioni.
Tra i due film, presi di mira dalla censura (soprattutto quello di De Santis), c’è forse il titolo più noto della filmografia di Capolicchio (se si esclude il cult horror avatiano La casa dalle finestre che ridono), Il giardino dei Finzi Contini (Minerva Classic), adattamento dell’omonimo romanzo di Giorgio Bassani realizzato da Vittorio De Sica (in luogo dell’inizialmente previsto Valerio Zurlini), vincitore del Festival di Berlino 1971 e dell’Oscar come miglior film straniero 1972. Il suo Giorgio, giovane ebreo figlio di un commerciante nella Ferrara fascista degli anni 30 stravolta dalle leggi razziali, innamorato non corrisposto della bella Micol (Dominique Sanda), “troppo” per lui perché rampolla della famiglia (ebrea) altoborghese dei Finzi Contini, è un personaggio una volta tanto persino candido e commovente, lontano dai suoi soliti giovani moderni e normali (e gli regala un meritato David di Donatello).
Lino Capolicchio su The Film Club
Escalation
Commedia - Italia 1968 - durata 89’
Regia: Roberto Faenza
Con Lino Capolicchio, Claudine Auger, Gabriele Ferzetti, Didi Perego, Leopoldo Trieste
in streaming: su Raro Video Amazon Channel Amazon Video
Un apprezzato professionista di sicuro avvenire
Drammatico - Italia 1972 - durata 129’
Regia: Giuseppe De Santis
Con Lino Capolicchio, Riccardo Cucciolla, Femi Benussi, Yvonne Sanson
in streaming: su Amazon Video
Il giardino dei Finzi Contini
Drammatico - Italia 1970 - durata 93’
Regia: Vittorio De Sica
Con Lino Capolicchio, Dominique Sanda, Fabio Testi, Helmut Berger, Romolo Valli, Camillo Cesarei
in streaming: su Apple TV Google Play Movies Timvision Rai Play Amazon Video
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