Sono approdati su ARTE il 9 maggio otto nuovi film nella raccolta Giro d’Europa in cortometraggio - selezione di recenti brevi lavori premiati ai festival e meritevoli di attenzione - e rimarranno disponibili gratuitamente sulla piattaforma per un anno, fino al 9 maggio 2025. È l’occasione dunque per scoprire i primi passi di filmmaker più o meno emergenti e i loro piccoli mondi creativi, come nel caso di Amélie Bonnin, autrice di Partir un jour, che ha vinto il César 2023 per il miglior corto (qui il link per vederlo su arte.tv).

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Partir un jour

Classe 1985, fin dalla formazione - una laurea in graphic design e una in sceneggiatura alla Fémis di Parigi -, il suo percorso artistico si apre a linguaggi differenti - «i miei progetti combinano grafica, disegno, scrittura e video», si legge nella biografia del suo sito ufficiale (ameliebonnin.fr). Giusto per dare un’idea del raggio d’azione di questa regista e illustratrice francese, possiamo dire che, oltre ad aver diretto corti e mediometraggi, è direttrice artistica della rivista trimestrale “La Déferlante”, creata e diretta da donne e dedicata a femminismo e questioni di genere. E ha poi collaborato allo spettacolo teatrale Radio Live insieme a Aurélie Charon e Caroline Gillet, una performance multidisciplinare in cui gli attori in scena raccontano storie legate a migrazione, identità, diritti civili, con musica e disegni dal vivo (è proprio Bonnin a realizzare le illustrazioni in diretta).

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Partir un jour

Partir un jour, invece, è «un film musicale» - lo annunciano i titoli di testa, dove i credits scorrono come fossero parole sullo schermo di un karaoke -, con i personaggi che cantano i testi di alcune canzoni popolari in Francia negli anni 90, melodie che, a un orecchio francofono, suonano certamente familiari, a partire dal brano che dà il titolo al film, della boy band francese 2Be3. Il corto racconta la storia di Julian, scrittore parigino e futuro papà che torna nella natia Cormolain, in Normandia, per aiutare i genitori con un trasloco e si trova costretto a fare i conti con un passato che pensava di aver lasciato alle spalle.

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Partir un jour

Così il giovane uomo di città deve rimettere piede in mezzo ai «bifolchi», quelli dai quali aveva cercato di prendere le distanze fuggendo verso la metropoli e soprattutto scrivendo su di loro il suo primo romanzo, quasi a volersi allontanare dal «letame in cui è cresciuto», nascondendo le umili origini sotto un tappeto di cultura (in modo simile allo scrittore protagonista della commedia “Sesso tossico” un successo sfortunato di Baya Kasmi, romanziere che attraverso un libro autobiografico continua a interrogarsi sulla sua famiglia e sulla sua identità franco-algerina). A questo microcosmo rurale, inoltre, la regista aveva dedicato il doc per la tv La mélodie du boucher (2013), con il quale raccontava, usando riprese dal vivo e inserti animati, il mestiere del macellaio, lo stesso lavoro che fa il padre di Julian nel corto.

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Partir un jour

Durante il breve soggiorno al paesello, però, Julian incontra il suo amore di gioventù, la peperina Caroline, alla quale non era mai riuscito a dichiarare i propri sentimenti. Il ritorno di Julian è anche un viaggio indietro nel passato, con i ricordi che riaffiorano assieme al gusto di quei biscotti al cioccolato - vere e proprie madeleine - mangiati da adolescente. Il sentimento di nostalgia, unito al desiderio di ritorno alle origini, era anche al centro del video Mummy (lo potete vedere qui), album di famiglia in sei minuti nel quale Bonnin mixa animazione e riprese dal vivo, utilizzando ritagli di carta e fotografie.

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Partir un jour

Sfoderando un tono leggero e insieme malinconico, armata di dialoghi briosi e una chiara idea di cinema in testa, ispirandosi a Les chansons d’amour di Christophe Honoré (Caroline ricorda la sbarazzina Alice di Clotilde Hesme), Amélie Bonnin orchestra una commedia romantica a suon di musica, un racconto sul ricordare le proprie radici (più o meno accettate e ineriorizzate) e il proprio passato (più o meno superato), perché, come dice Julian alla fine del film, «il semplice fatto di lasciare le cose non significa che le cose ti lascino».

Autore

Giulia Bona

Giulia Bona è nata a Voghera e ha studiato a Milano, dove si è laureata in Lettere moderne e Studi cinematografici con una tesi su Agnès Varda e il riciclaggio creativo. Riempiva quaderni di storie e pensieri, dava inchiostro alla sua penna sul giornalino della scuola, ora scrive per Film Tv. Ama leggere, i sentieri di montagna, la focaccia e sorride quando vede un cane.