Ritroviamo il “Re”, cioè il direttore del (fittizio) carcere di frontiera San Michele Bruno Testori (Zingaretti, ambiguo il giusto) dove lo avevamo lasciato alla fine della prima stagione: in cella (nel suo carcere!) per detenzione di stupefacenti, nonostante abbia impedito l’evasione di un pericoloso terrorista arabo. Ma, con scorno della PM sua accusatrice (Bonaiuto, sempre gustosa), viene quasi subito reintegrato dal luciferino agente dei servizi segreti Verna (Ferracane, notevole) che vuole organizzare una piccola Guantanamo negli scantinati della prigione dove “interrogare” un nuovo detenuto, il magistrato Mancuso (Trabacchi, l’ideale per questi ruoli), accusato di omicidio.
Coinvolto in quello che si rivelerà un vero intrigo internazionale, Testori rimane sempre lui, tutt’altro che uno stinco di santo, ma Il re cambia abbastanza, e, pare, in meglio, forse anche grazie al nuovo co-sceneggiatore Alessandro Fabbri (da 1992, come il regista Gagliardi, a bordo dall’inizio). Infatti, questa vicenda quasi spy, costruita come una partita a scacchi, coinvolge non poco e i colpi di scena, anche amari, non mancano, però si guarda sempre meno al microcosmo carcerario e alle sue caste, finendo per sacrificare un po’ alcuni personaggi che sembravano promettere di più (Sonia Massini/Isabella Ragonese, capo delle guardie non sempre allineata con il Re) o meritavano maggiore spazio (Saccà/Stefano Dionisi, recluso tossico al servizio di Testori). Resta sempre difficile per la nostra serialità costruire un antieroe fino in fondo, però Il re è comunque un buon tentativo griffato Sky. Se sia qui andato nella giusta direzione, solo il tempo (cioè una terza stagione) ce lo dirà.
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