È arrivato il momento di parlare di Norm MacDonald, che ormai se n’è andato da quasi tre anni e che probabilmente, a questo punto, non ritornerà dicendo che era tutta una burla come speravo – detta da uno che forse, forse, sta ancora aspettando la carrambata di Andy Kaufman. Non avevamo mai parlato prima di questo eccelso comico canadese – che parla come un rapper del 1917 e che in molti (specialmente fra i colleghi) considerano una delle menti comiche più brillanti degli ultimi decenni – per tanti svariati motivi, soprattutto contestuali. Ma anche perché MacDonald non è per tutti. Non è il comico in grado di recitare e quindi non l’avete visto né al cinema (anche se Screwed - Due criminali da strapazzo rimane una piccola chicca) né in qualche serie; non è nemmeno il comico bravo negli sketch o nelle imitazioni, né quello che ti fa le capriole con le convulsioni, quindi ha sorvolato tutta la tv commerciale che poteva dargli grande visibilità (fatta eccezione per il Saturday Night Live).

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Norm MacDonald: Nothing Special

MacDonald è stato solo, si fa per dire, un comico comico. Voce, faccia, viso, un microfono, le parole e un fuoco di fila di battute e storie assurde, senza ulteriori orpelli – e infatti l’ultima parte della sua carriera è stata dedicata quasi interamente all’arte del podcast. È stato un umorista che passava le giornate a scrivere le cose divertenti che gli venivano in mente, e con tutta probabilità avrebbe fatto esattamente la stessa cosa (e con la stessa gioia) anche se non fosse stato pagato. C’è uno spezzone di una vecchia puntata del late show di Conan O’Brien, immortalato su YouTube, che spiega alla perfezione questo buonumore fanciullesco che Norm sprizzava da tutti i pori quando qualcosa di divertente gli saltava per la testa e lui poteva condividerla con qualcuno, che fosse il pubblico di un palazzetto gremito o un amico davanti a una birra.

Questa è l’immagine che ho sempre avuto di Norm MacDonald. Una specie di semidio del buonumore, un Pan senza le orgie e un Dioniso senza le sbronze, ma solo perché è troppo impegnato a pensare a una battuta su un satiro e un alcolizzato che fanno un’ammucchiata. Fortunatamente, MacDonald è riuscito a regalarci un’ultima infornata di comicità fatta in casa (letteralmente) prima di lasciarci anzitempo per una leucemia aggressiva che non è stata certo lenita dall’emergenza COVID. Un ultimo speciale comico, Nothing Special, registrato per Netflix in una stanza della sua abitazione, senza il pubblico con cui in quarant’anni di carriera aveva costruito un rapporto per niente scontato.

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Norm MacDonald: Nothing Special

Ci vuole attenzione (e una certa dose di famigliarità con i suoi toni) per cogliere alcuni degli aspetti migliori di MacDonald, soprattutto la sua malinconia, la sua capacità di introspezione e la sua particolare poesia. Emanava swag allo stato puro, lo swag di un marinaio che ha già navigato il saṃsāra della comicità, ne conosce le onde e non ha paura di nulla. Aveva l’aura superiore di un comico che accoglieva con gioia contagiosa il momento in cui le sue battute, al Weekend Update di SNL, venivano accolte con freddezza dal pubblico in studio. Qualunque fosse la reazione, nulla poteva toglierli di faccia il sorriso sornione di uno che sa di aver appena detto qualcosa di divertente – anche se non è stato recepito. Ed era l’incarnazione del buonumore che non si inventa una realtà idilliaca per autogiustificarsi, ma che riesce a essere tale nonostante tutto.

Nothing Special è uno spettacolo di stand-up molto strano, ma anche con l’handicap dell’assenza del pubblico e della sua energia, rimane un ottimo compendio della vis comica di MacDonald specialmente in due aspetti ben precisi: la sua innata capacità di cavalcare tempi comici eccentrici ma micidiali, anche senza la reazione di un ascoltatore; e il talento e la perseveranza di saper scegliere le parole meglio di chiunque altro, anche (se non soprattutto) quando tira fuori termini obsoleti e fuori contesto o decide di costruire le frasi in una maniera che sembra desueta ma allo stesso tempo, miracolosamente, appartenente a una lingua del futuro. Il suo sembra un retrofuturismo che arriva da una dimensione parallela.

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Norm MacDonald: Nothing Special

Parla come un personaggio di Mark Twain, certe volte ha le uscite di un presentatore di radiogiornale degli anni 30, eppure è assolutamente immerso nel suo tempo ed è in grado di osservare e rimodellare comicamente ciò che lo circonda. In Nothing Special parla del tempo che passa, della felicità, delle cose che gli mancano e di quelle di cui non sente la mancanza. Tutto il bit sull’invidia per la disabilità – in contrasto alla compassione delle persone abili che si sentono buone e giuste – è una micro lectio magistralis sul modo costruttivo con cui un vecchio arnese come MacDonald (classe 1959) può permettersi di aggiornare il proprio lessico comico ai tempi che corrono senza perdere un briciolo di personalità e libertà. È sempre lo stesso identico Norm, solo con gli occhi lucidi quando parla della mamma 84enne che sta per lasciare. Ma è importante ribadire che comunque non vorrebbe ciucciarle le tette. E con questo è davvero tutto gente, stategli bene. Mollerebbe anche giù il microfono a terra, ma l’ha comprato con i suoi soldi. Capitelo.

Autore

Nicola Cupperi

Scrive per FilmTv perché gliel'ha consigliato il dottore. Nel tempo libero fa la scenografia mobile. Il suo spirito guida è un orso grigio con le fattezze di Takeshi Kitano.