«Pavese si è ricordato di quand’era a scuola e di quel che leggeva: si è ricordato dei libri che legge ogni giorno, degli unici libri che legge. Ha smesso per un momento di credere che il suo totem e tabù, i suoi selvaggi, gli spiriti della vegetazione, l’assassinio rituale, la sfera mitica e il culto dei morti, fossero inutili bizzarrie e ha voluto cercare in essi il segreto di qualcosa che tutti ricordano, tutti ammirano un po’ straccamente e ci sbadigliano un sorriso. E ne sono nati questi Dialoghi». Così scrive Cesare Pavese nella Presentazione di Dialoghi con Leucò (1947), raccolta di 27 brevi scritti ispirati a personaggi e storie della mitologia greca, con i quali lo scrittore distilla, da leggende e folklore, il segreto sul destino, la perdita, la natura, la morte; comunicando, insomma, «il vero sull’essenza dell’uomo una volta per tutte», come sintetizza Nicola Gardini nell’Introduzione all’edizione del 2020, che più avanti dice: «Del dialogo Pavese ha rinfrescato la propensione scenica».
In effetti, in queste epifaniche conversazioni tra umani e dèi, eroi e poeti due personae dibattono come su un palco, e dei loro botta e risposta ci s’immagina subito una messa in scena. Messa in scena che per Jean-Marie Straub e Danièle Huillet aveva assunto la forma della campagna toscana in Quei loro incontri (2006; su YouTube) e che per Tiago Guedes si trasforma invece in un ambiente naturale selvaggio, tra terra e mare, in Dialoghi dopo il finale, presentato allo scorso festival di Rotterdam e ora disponibile gratuitamente su ARTE fino al 30 giugno.
Il regista portoghese, dopo aver attraversato la Storia del proprio paese con l’odissea familiare di A herdade (2019) e aver sondato tragedie e violenze di una piccola comunità in Restos do vento (2022), parte qui da un’ispirazione letteraria per realizzare un ambizioso progetto: girando nelle isole Azzorre, Guedes ha realizzato 19 dei 27 dialoghi scritti da Pavese (pensati per una diffusione in tv sul canale RTP2, anche co-produttore), mentre nel lungometraggio del 2023, sorta di “versione ridotta”, compaiono soltanto 6 episodi da 15/20 minuti ciascuno (e sono I ciechi, Spuma dell’onda, La belva, L’inconsolabile, L’isola e Le Muse).
Ad aprire il film è I ciechi, conversazione tra Edipo e Tiresia, che imposta la struttura di ognuno dei dialoghi: su un lembo di sabbia, con alle spalle una scogliera, due attori parlano in tono piano, compiono pochi movimenti, sono quasi statici, ieratici; la mdp li inquadra alternando campi totali e campi lunghi - dove le figure si fondono con il paesaggio -, evitando sempre il primo piano. Con questa forma, Guedes procede di episodio in episodio riproponendo la frammentarietà del libro, e cambia di volta in volta sfondo, prediligendo le riprese in esterno (tranne per L’inconsolabile, dove Orfeo e Bacca conversano dentro un edificio abbandonato). E l’ambiente è volutamente misterioso (la bruma sulle alture, le rocce a picco sul mare, gli anfratti della terra, la vegetazione lussureggiante e selvaggia) e fuori dal tempo, anzi senza tempo, come a dire che il mito continua a parlarci, raccontando ancora e sempre la condizione umana.
Il film, così come l’opera di Pavese, si conclude con Esiodo al cospetto di Mnemosine, dea della memoria e madre delle Muse, che affida al suo interlocutore il segreto: «Le cose immortali sono a due passi», e la vita dell’uomo non è solo «disgusto», ma è insieme terrena e divina. «Prova a dire ai mortali queste cose che sai», suggerisce la dea a Esiodo: al poeta (alter ego del regista?) il compito di rivelare il senso ultimo delle cose.
Il film
Dialoghi dopo il finale
Drammatico - Portogallo 2024 - durata 100’
Titolo originale: Diálogos Depois do Fim
Regia: Tiago Guedes
Con João Pedro Mamede, Maria do Céu Ribeiro, Isabel Abreu, Beatriz Maia, João Estima, Adriano Luz
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