La famiglia Vasseur è sconvolta dalla grave malattia della piccola Rose: l’ospedale dove è ricoverata la bambina diventa l’epicentro attorno al quale ruota l’esistenza di questo zoo umano composto di esemplari diversamente deboli, tutti spaventati, in bilico tra la richiesta di solidarietà e il ritiro strategico nell’ottundente individualismo. Se la matriarca Anne (Nicole Garcia) - autrice di una serie di libri motivazionali che sono diventati bestseller e hanno insegnato al mondo come esercitare il pensiero positivo - dà all’esterno un’immagine di sé che sa di forza, autorevolezza, savoir-vivre, nei fatti è un’egocentrica, accecata dal proprio ottimismo al punto da non fare correttamente i conti con la realtà: una filosofa dell’ovvio che ha finito col consegnare la propria famiglia a quella stessa angoscia che pensa di debellare con i suoi saggi.
Ne fa le spese la figlia Marion (Sara Giraudeau) - madre della piccola Rose - che quasi di riflesso rifiuta la malattia della piccola, agendo e parlando come se questa non esistesse, per scoprire il proprio dolore all’improvviso, come una rivelazione, constatando l’immagine sofferente di un’altra madre. O il marito Pascal (Bernard Le Coq), tradito e ignorato, che è diventato una presenza esornativa nell’ambiente domestico, tanto da aver assunto un distacco che gli consente di guardare il consorzio familiare con l’occhio spietato dell’imparzialità, di una saggezza clinica che non ha niente a che vedere con i pesi falsi della speranza e del catastrofismo. O ancora il figlio Vincent (Aliocha Schneider) che tira avanti per gratifiche edonistiche che fungono da antidoto alla paranoia.
C’è infine l’implicita protagonista Claire (Virginie Efira) che, se caratterialmente è la più simile alla madre, di essa ha rifiutato le sovrastrutture ideologiche, pervenendo, all’opposto, a un realismo pragmatico e a un ideale di cura dell’altro che ha assunto tratti maniacali. Una tastiera di umori variegatissima, che racconta di nevrosi contemporanee, dei relativi palliativi, di una fragilità diffusa che si converte in negazione del presente. Che vuol dire smodata fiducia nel futuro meno promettente che l’umanità abbia mai avuto. Del resto è il cinema che ce lo insegna: si dice «va tutto bene» - e lo si ripete come un mantra - esattamente quando le cose vanno di merda.
Così, di fronte al dramma di una bambina che si sta spegnendo, la morte è un concetto rimosso da tutti e, proprio nel suo essere assurto a dato ineffabile, presente, come sottinteso, in ogni discorso. Tout va bien, ideata da Camille de Castelnau (già tra gli autori del Chiami il mio agente! originale; tra i registi c’è invece Éric Rochant), è messa in scena con una sensibilità rara, un cast da amare in blocco, una precisione del dettaglio a volte bruciante nella sua esattezza, senza teoremi individuabili (lo sviluppo della vicenda è imprevedibile, un altro merito), un’ironia costante e mai ridotta a effetto, un equilibrio nell’incrocio dei fili narrativi che fa suonare come essenziale ogni minuto di queste otto puntate. Di quante serie possiamo dirlo?
La serie tv
Tout va bien
Commedia - Francia 2023 - durata 52’
Titolo originale: Tout va bien
Creato da: Camille de Castelnau
Con Virginie Efira, Sara Giraudeau, Angèle Roméo, Aliocha Schneider, Camille de Castelnau, Yannik Landrein
in streaming: su Disney Plus
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta