La Route nationale 1 è una lunga strada algerina di circa 2.400 chilometri, da nord a sud, da Algeri fino al Niger. Un percorso che con la sua varietà di paesaggi, dalla catena montuosa dell’Atlante al deserto del Sahara, invita al viaggio. Risponde alla chiamata lo scrittore Chawki Amari, che racchiude la sua esperienza on the road nel diario di bordo Nationale 1, narrando di luoghi visitati e persone incrociate.
Nella galleria di incontri collezionati nel libro, uno in particolare cattura l’interesse dell’amico filmmaker Hassen Ferhani, che, dopo il doc Dans ma tête un rond point (2015), ritratto della comunità di lavoratori di un mattatoio ad Algeri, aveva per la testa l’idea di realizzare un road movie. Così il regista entra nel regno di Malika e si trova di fronte un’anziana signora che vive da sola in un casotto nel deserto, tra la capitale e Tamanrasset. A farle compagnia l’adorata micia Mimì, due cani e i viandanti che lungo il tragitto si fermano nella sua piccola e malandata area di ristoro - il limitato menù prevede tè alla menta e omelette, pane e acqua, sigarette e qualche parola.
Dopo aver conosciuto questa “regina” del deserto, il progetto cinematografico di Hassen Ferhani si trasforma nel «road movie all’incontrario» Il regno di Malika (143, rue de désert, 2019), con cui il regista ha vinto la sezione Cineasti del presente a Locarno, disponibile gratuitamente su ARTE fino al 31 marzo.
In questo stanziale road movie al rovescio, dunque, il movimento si annulla, lo spazio si riduce ai pochi metri quadrati della casupola di Malika (simile al checkpoint in Foxtrot - La danza del destino di Samuel Maoz, altro luogo di transito in mezzo al vuoto), che diviene centro gravitazionale attorno a cui orbitano le altrui traiettorie di viaggio.
Ferhani fa della stasi il suo paradossale movimento e struttura il documentario attraverso lunghi piani fissi all’interno della casa - con la mdp che registra immobile la vecchia signora seduta al tavolo e i suoi clienti - e campi lunghi all’esterno, come a voler abbracciare le sfumature del deserto e quelle del cielo che scolora.
Intanto, tutto attorno a Malika continua a cambiare, e mentre si susseguono volti differenti, frammenti di contemporaneo spezzano quel senso di sospensione, penetrano quell’ambiente fuori dal tempo: i SUV sfrecciano sulla strada polverosa, lo smartphone di una motociclista europea sembra un oggetto futuristico in quel rifugio spartano e a pochi passi da lì sta sorgendo una moderna stazione di servizio (che, come una silente minaccia, resta fuori campo per tutto il film e compare solo nell’ultima notturna inquadratura, come a sancire la fine di un mondo antico in via di sparizione).
Ferma al centro c’è Malika, «la guardiana del nulla», figura imponente, immutabile, ieratica e imperscrutabile come un oracolo. Chi è Malika? Chi è stata e come è arrivata in quel posto sperduto? Se la sua esistenza solitaria è statica, incastonata da molti anni in quel luogo di passaggio, i suoi racconti sono allora un road movie, creano deviazioni, detour, false piste (come la finta storia della figlia scomparsa). Hassen Ferhani la osserva paziente da vicino e da lontano, prova persino a girarle attorno (il girotondo della camera che circonda la casa), ma il mistero di quella sacerdotessa resistente rimane meravigliosamente insoluto fino alla fine.
Il film
143 Sahara Street
Documentario - Algeria, Francia, Qatar 2019 - durata 100’
Titolo originale: 143 rue du désert
Regia: Hassen Ferhani
Con Malika, Chawki Amari, Samir Elhakim
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