Nel 1875 il poeta francese Arthur Rimbaud sceglie di abbandonare la poesia - dopo aver pubblicato una sola opera, Una stagione all’inferno - diventando un esploratore, un avventuriero, assecondando attraverso continue peregrinazioni la sua indole erratica. Così lavora come commerciante di caffè nel Corno d’Africa, dove trova poi una nuova opportunità nel mercato delle armi - vendere 2000 fucili a Menelik, re d’Etiopia, e guadagnare abbastanza per fare ritorno in Francia -, che si rivela però fallimentare.
Da questo episodio reale della biografia del poeta, che si colloca alla fine della sua vita vagabonda, prende avvio Splendid Hotel - Un veggente all’inferno, l’ultimo lungometraggio del regista spagnolo Pedro Aguilera - fattosi notare con La influencia (2007; prodotto da Carlos Reygadas, passato a Cannes e da Film Tv distribuito in streaming nel 2016 su FilmTvod), Naufragio (2010) e Demonios tus ojos (2017; in Concorso a Rotterdam) -, che riversa gli ultimi anni di Arthur Rimbaud in un ambizioso «film-saggio sperimentale», come lo stesso Aguilera definisce il suo lavoro, presentato in occasione di ArteKino Festival 2023 e ancora disponibile gratuitamente su arte.tv.
«I registi sono degli invasori che vogliono entrare in spazi privati, ai quali non appartengono, per poi mostrarli al mondo» dice Aguilera, che, dopo una prima fase di ricerca-ossessione sulla figura di Rimbaud (che qui ha il volto di Damien Bonnard), immagina di penetrare i labirinti tortuosi del suo animo, trasportando all’oggi un evento lontano nel tempo.
Non c’è ricostruzione, non c’è mimesi, perché la storia è quella di un uomo dell’Ottocento ma l’ambientazione è assolutamente contemporanea: si crea così un cortocircuito destabilizzante in cui le parole della voce narrante - che accompagna tutto il film, come fosse un diario per immagini, e recita alcune lettere e poesie di Rimbaud - si scontra con le riprese del 2021.
Ad accrescere il senso di disorientamento è la forma di Splendid Hotel, realizzato, come racconta il regista, con due diverse camere, in mano a due differenti operatori: da una parte le inquadrature composte di Jimmy Gimferrer, dall’altro lo stile più movimentato, quasi da documentario in presa diretta, della giovane Chloé Terren.
Aguilera mette in scena un girovagare su se stesso, una lenta discesa agli inferi (un veggente all’inferno recita il sottotitolo italiano) del poète maudit in territorio straniero, a Tagiura, nel nord Africa, luogo limbo nel quale Rimbaud s’aggira come uno spettro, vestito in abito bianco coloniale, simile al Benoît Magimel di Pacifiction (il regista parla di una sorta di «colonialismo cinematografico, per cui si arriva con la propria attrezzatura dall’Europa e si inserisce un attore in un contesto africano, registrando tutto quello che fa»).
È la nascita dell’uomo (occidentale) moderno, alienato e schizofrenico come un dottor Jekyll/mr. Hyde, ammaliato dall’idea di espansione dei confini e subito scivolato, per delirio di conquista, nell’abisso, nell’orrore, dentro un cuore di tenebra (il romanzo di Robert Louis Stevenson è del 1886, quello di Joseph Conrad del 1899, entrambi vicini al periodo narrato nel film, tutti e due ispirazioni per Aguilera).
In Splendid Hotel non c’è via di uscita dal loop, tanto che le immagini si ripetono sempre uguali con minime variazioni (come la replica di situazioni identiche per la madre in crisi protagonista di L’influencia): la storia ricomincia, si reitera, procede ancora e ancora, all’infinito, in un viaggio allucinato ed estenuante.
Il film
Splendid Hotel
Documentario - Marocco, Francia, Spagna 2023 - durata 80’
Titolo originale: Splendid Hotel
Regia: Pedro Aguilera
Con Damien Bonnard, Patricia Iloki, Layachi Lemrabet, Prince Higuet Bitsindou Moussounda, Mustapha Rguie
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