A vederlo di primo acchito, non si potrebbe pensare a qualcuno più americano di Dylan Carlson, chitarrista, mente e fondatore della band Earth. Non un signore compito della East Coast e nemmeno un guascone della California, ma uno sciamano proveniente dal ventre del paese: un incrocio tra lo stereotipo del biker e quello di un redneck del sud. In realtà, l’uomo dal volto scavato, dai capelli lunghi e dritti, dallo zigomo destro con sopra tatuato uno scorpione, ha sempre legato la sua storia a una città del nord, Seattle, crocevia della storia del rock.
Ha fondato lì, negli anni 90, una band seminale per l’evoluzione del metal e della drone music, ma ha la sfortuna di essere ricordato dal grande pubblico per avere fornito al vicino di casa Kurt Cobain, in modo inconsapevole, il fucile con il quale il leader dei Nirvana si uccise nel 1994. Gli viene anche riconosciuto, per fortuna, il ruolo di ispiratore di un gruppo come i Sunn O))), famosi in tutto il mondo per gli enormi droni sonori che i loro concerti da incappucciati riescono a produrre. L’approccio di Carlsen al rock è spiegabile con un aggettivo spesso abusato ma qui doveroso, ovvero: radicale. I brani degli Earth - un nome scelto in quanto primo appellativo dei Black Sabbath, ma anche perché avvicina il loro suono all’idea stessa di natura - sono composti da pochissimi accordi, accenni di riff, tocchi di batteria, il tutto reiterato per molti minuti. Nessun ritornello, nessun assolo, nessun cantato, solo una grande massa sonora che si propaga nell’aria, che ondeggia e si reitera, che conduce l’ascoltatore in una sorta di quiete estatica.
Il film Even Hell has its Heroes, del regista Clyde Petersen, si apre con Carlsen e Adrienne Davies - batterista degli Earth dal 2000 e unico altro membro fisso del gruppo - nei pressi di una piccola chiesa bianca e rossa dispersa nella campagna: li vediamo sorridere all’esterno e poi suonare i loro strumenti al suo interno, di fianco a un crocifisso. È una scena straniante ma azzeccatissima, un contrasto solo apparente tra raccoglimento musicale e spirituale. L’opera, girata in Super8, racconta la storia della band: è un flusso di coscienza fatto di note in sottofondo, di storie di desolazione urbana, di paesaggi rurali, di testimonianze portate da Carlsen e da tanti collaboratori al progetto, che riflettono sull’estetica di un gruppo capace di fondere negli anni il doom con il country con la psichedelia, sperimentando l’inserto di strumenti come archi e trombone, sfiorando la musica minimalista. Even Hell has its Heroes sarà proiettato in anteprima italiana domenica 25 febbraio, alle 21.15, presso il Cinema Massimo di Torino, in occasione della decima edizione di Seeyousound International Music Festival, unico evento in Italia interamente dedicato al cinema a tematica musicale, che si terrà nel capoluogo piemontese dal 23 febbraio al 3 marzo.
Il film di Petersen è in concorso nella sezione Long Play Doc, dedicata ai documentari, all’interno di un evento capace da sempre di far coesistere proiezioni, concerti, installazioni, masterclass, dj set, per indagare il rapporto tra musica e cinema e proporre una mappatura della produzione mondiale sul tema.
Quest’anno il festival propone 90 film, distribuiti in cinque sezioni competitive - dal documentario al videoclip, dall’alternative rock al k-pop coreano -, a cui si aggiungono rassegne fuori concorso come Rising Sound, focalizzata sulla musica come motore delle trasformazioni sociali, e Into the Groove, sezione dallo spirito pop che inaugurerà il festival - il 23/2 al Cinema Massimo, ore 20.45 - con la proiezione alla presenza della regista Allison Ellwood di Let the Canary Sing, dedicato alla figura di Cyndi Lauper. Tra i molti appuntamenti: i live di Cristina Donà e del pianista Christophe Chassol, e il premio alla carriera consegnato dal festival al regista Julien Temple.
Sito ufficiale: https://www.seeyousound.org
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