Di Nathan Fielder, comico canadese classe 1983, non abbiamo mai parlato sulla rivista. Il motivo? Prima d’ora il suo lavoro da autore/(matt)attore non era mai stato distribuito. Proviamo a presentarvelo: a guardarlo, è un omino dall’aspetto innocuo ma non necessariamente benevolo, un medio tendente al mediocre, a prima vista ben educato ed etichettabile come sfigato, poi facilmente percepibile come subdolo, probabilmente psicopatico, insieme titubante e arrogante, come solo le persone prive di talento e piene di risentimento sanno essere. Ed è questo il personaggio che interpreta, col proprio nome e cognome, in Nathan for You The Rehearsal, due serie in cui il Nostro aiuta il prossimo suo, il concorrente di puntata, a reinventare una piccola impresa o a prepararsi a un evento importante, portando al parossismo e alla rottura la lingua del reality show e, insieme, la retorica progressista del bene, della bontà come valore, anche e soprattutto capitalistico.

Nathan Fielder
The Rehearsal (2022) Nathan Fielder

Fielder lavora su uno scivolamento continuo tra i modelli della fiction e quelli della non fiction, facendosi agente provocatore nei confronti dell’uomo qualunque, sposando un linguaggio che lo accomuna a Sacha Baron-Cohen, pur restando al lato opposto dello spettro rispetto agli esasperati Brüno, Borat o Ali G: la sua comicità è tutta nel passaggio tra la scena e l’osceno, tra quanto il suo personaggio trattiene e le forme scomposte in cui esplode, piani assurdi e maniacali, ipotesi di prospettive future dettagliate in modo autistico ma impossibili. Capire chi è, questo comico che sta tra un Andy Kaufman e un Larry David repressi in un corpo da patetico borghese (qui col micropene), è la premessa necessaria per parlare di The Curse, prima sua serie scripted, di cui è creatore e regista con Benny Safdie, una serie (ostica, critica, provocatoria, situazionista) che comunque mette in abisso, nuovamente, la lingua falsa dell’autenticità televisiva: Ash (Fielder) e Whitney (Emma Stone, meravigliosamente inetta, esasperatamente buonista, placidamente crudele) sono una coppia di privilegiati (lei è figlia di imprenditori edili dal curriculum non irreprensibile) che decide di ammantare la gentrificazione di Española, piccola cittadina del New Mexico, di ecologismo, lo sfruttamento del luogo in impegno sociale superficiale, l’impresa d’omologazione global di artisticità local.

scena
The Curse (2023) scena

Idea: farci un reality, con loro e il progetto come protagonisti. Il fatto è che ogni personaggio, qui dentro, dal bianco etero cis all’artista indigena 100%, mette in gioco la propria retorica, mette in atto una strategia per ottenere il proprio fine, una autofiction che si imponga su quella del concorrente, che sia dietro o davanti alle telecamere. Recita su recita (non sempre adeguate, spesso ridicole e fastidiose: cercate cosa significa cringe, perché è su questo che Fielder lavora, lynchanamente), la serie si esaspera e ammattisce, sino a una puntata finale dove il realismo (che Safdie strania da par suo con un linguaggio settantesco e la colonna sonora di Daniel Lopatin) è solo un ricordo, un piano di realtà oggi impossibile. Imperdibile.

Autore

Giulio Sangiorgio

Dirige Film Tv, co-dirige I mille occhi di Trieste, programma cinema, festival, rassegne, insegna (alla Iulm), sviluppa (progetti di film di giovani registi, per Milano Film Network), e, soprattutto, sopporta. Sopporta tantissimo.

La serie tv

locandina The Curse

The Curse

Commedia - USA 2023 - durata 54’

Titolo originale: The Curse

Creato da: Nathan Fielder, Benny Safdie

Con Emma Stone, Nathan Fielder, Vincent Pastore, Dean Cain, Benny Safdie, Nikki Dixon

in streaming: su Paramount Plus Paramount+ Amazon Channel Paramount Plus Apple TV Channel