Certe volte, per fare le cose belle, ci vuole il coraggio dell’incoscienza. Io, per esempio, rimango dalla parte di Clive Owen, che verso la metà della prima decade dei 2000 ha rifiutato (si dice) di sostituire Pierce Brosnan nel ruolo di James Bond (poi andato a Daniel Craig) per continuare a fare un po’ quello che gli pareva. “Quello che gli pareva” significava anche Shoot ‘Em Up - Spara o muori (2007); e rinunciare ai soldi enormi e all’effimera gloria eterna per girare Shoot ‘Em Up - Spara o muori – una mattata cartoonesca che, se solo fosse uscita al momento giusto, sarebbe diventata anche di discreto culto – è un inno al coraggio dell’incoscienza. Ma Clive Owen gioca a scacchi mentre noi siamo impegnati nella nostra pulciosa partita di UNO, e più di quindici anni più tardi lo ritroviamo sempre alle prese con scelte apparentemente folli, che stavolta però – forza Clive – potrebbero pagare più dividendi. Difficile descrivere in maniera differente da “scelta apparentemente folle” quella di prendere uno dei personaggi più iconici della storia del noir letterario prima e della Hollywood degli anni d’oro poi – peraltro interpretato da uno dei più intoccabili attori di sempre e diretto da uno che ha fatto la storia del cinema in cento maniere diverse nel corso di quasi 50 anni di carriera – per riportarlo in vita dopo più di 80 anni.

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Monsieur Spade

L’indovina chi di cui sopra ve lo risolvo subito: parliamo di Sam Spade, il re indiscusso dell’hardboiled creato da Dashiell Hammett nel 1929, interpretato da Humphrey Bogart in Il mistero del falco nel 1941 e diretto dall’esordiente John Huston – candidato più o meno cento volte agli Oscar e vincitore della statuetta per la miglior regia con Il tesoro della Sierra Madre. Ribadisco: ammiriamo tutti insieme la baldanza temeraria, insieme intrepida e dissennata, di andare a toccare un tale livello di perfezione; non solo in assoluto, ma ancora di più in questo caso. Per la miniserie AMC Monsieur Spade, infatti, i co-ideatori e co-sceneggiatori Scott Frank (candidato all’Oscar per le sceneggiature di Out of Sight e Logan mentre per il piccolo schermo ha creato La regina degli scacchi) e Tom Fontana (vecchia volpe della tv tra Homicide e Oz) hanno deciso di non affidarsi agli scritti di Hammett – oltre al romanzo che ha ispirato il film di Huston (intitolato Il falcone maltese) c’erano a disposizione altri tre racconti – ma di creare una nuova storia dal nulla. Non so davvero dirvi se si sia trattato di follia, di spavalderia, di audacia, di tracotanza o solo di una botta in testa a trenino che ha causato allucinazioni collettive a tutto il team produttivo, artistico e distributivo; fatto sta che la mattata è stata fatta, e a giudicare dall’episodio pilota è stata fatta anche molto, molto bene. Sia perché Clive Owen – tenetevi stretti a qualcosa mentre bestemmio molto forte – regge il confronto con Bogart senza nemmeno cercare di scimmiottarlo; sia perché il bianco e nero espressionista dei noir hollywoodiani – quello che nel corso degli anni 40 verrà perfezionato da Fritz Lang – si trasforma in splendidi colori pastosi, aiutati (in questo caso decisamente sì) dall’estemporanea ambientazione francese.

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Monsieur Spade

Alcuni dicono che Sam Spade sia stato il miglior investigatore privato di sempre. Altri dicono che Sam Spade sia stato il miglior investigatore privato di sempre, a San Francisco. Tutto dipende dal bar in cui la domanda viene posta. Ma questa questioni riguardano faccende successe una vita fa, negli anni 40, prima che Spade sparisse nel nulla. E per nulla si intende il sud della Francia degli anni 50 e dei primi anni 60. Un buen retiro che sa essere anche ottimo – sole, vino, bei paesaggi, cibo eccellente. Ma è comunque la Francia. Ci sono i francesi – sempre simpatici, lo accolgono con un fucile puntato in faccia e con il commento: “Samuel Spade, quel nom de merde” – e non ci sono i bidet, per dire. C’è una bambina, però.

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Monsieur Spade

Si chiama Teresa ed è rimasta orfana di madre, Gabrielle, la quale prima di morire ha riempito di soldi Spade per portare la figlia da Istanbul fino al villaggio franzoso in cui dovrebbe abitare il padre biologico, Philippe Saint-Andre. Dietro al fucile puntato in faccia con cui viene accolto Spade, infatti, c’è la mamma di Saint-Andre, che rifiuta con veemenza di avere contatti con la progenie di quella donnaccia che ha avuto a che fare con il figlio. Anche quest’ultimo, peraltro, non gode di grande fama in zona. Il capo della polizia del posto – un immenso, in tutti i sensi, e sardonicamente francese all’ennesima potenza Denis Ménochet – lo definisce come un vagabondo e buono a nulla, consigliando a Spade, con estrema gentilezza, di tornarsene da dove è venuto.

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Monsieur Spade

Col cacchio, dice Spade. Senza contare che Gabrielle, sua ex amante, gli ha pure lasciato in eredità la sontuosa tenuta di campagna di famiglia. Sam si trasferisce definitivamente nel sud della Francia, consegna Teresa alle cure del convento più vicino e passa le sue giornate a fumare una paglia dietro l’altra con espressione immota, a nuotare nudo in piscina e a lasciare che i suoi polmoni enfisematosi e la sua nuova magione vadano lentamente a ramengo, vittime di un’entropia mal trattata. Succede, però, che dopo qualche anno di stasi il diabolico ed enigmatico Saint-Andre faccia finalmente ritorno al villaggio, presentandosi alla figlia ormai quindicenne ferito da un colpo di arma da fuoco, solo per abbracciarla e poi scappare nella notte. 

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Monsieur Spade

Contemporaneamente, sei suore del convento vengono brutalmente assassinate da un misterioso psicopatico che non lascia tracce dietro di sé. E, nel frattempo, c’è anche spazio per esplorare le vite e le magagne degli abitanti del villaggio, oltre che per tornare indietro nel tempo e rivivere la storia turca tra Samuel e Gabrielle. Adesso scusate, ma devo andare di là a mettermi comodo in attesa che escano anche le prossime cinque puntate di Monsieur Spade, perché ho già scoperto una delle mie cose preferite – e scritte meglio – del 2024. 

Autore

Nicola Cupperi

Scrive per FilmTv perché gliel'ha consigliato il dottore. Nel tempo libero fa la scenografia mobile. Il suo spirito guida è un orso grigio con le fattezze di Takeshi Kitano.