L’incipit dell’episodio pilota di Boiling Point – miniserie in 4 puntate di BBC che sarebbe folle non distribuire anche da noi – sembra fatto apposto per sconfiggere lo stereotipo delle cucine come un luogo nervoso in cui lavorare, un crogiolo di ira e volgarità saturo di tensioni, piatti che volano, difficoltà che nuotano in altre difficoltà, bestemmie che scattano a molla e cocaina per cercare paradossalmente di rilassare gli animi. Viviamo, d’altronde, in un ottimo futuro in cui un grande chef (Giorgio Locatelli) chiede scusa pubblicamente a nome di tutta la categoria per le cucine in cui vige la vecchia, malsana scuola del bullismo e della legge della giungla come metodo pedagogico, e lo fa dal palco di quel celeberrimo show culinario (Masterchef) in cui fino a dieci anni fa volevano piatti e insulti da parte dei giudici (Carlo Cracco, Gordon Ramsay e Joe Bastianich in rigoroso ordine di lucidità del cranio).
È un atteggiamento così inaspettatamente maturo rispetto alla media del comportamento umano – quello di prendere pubblicamente consapevolezza degli errori passati e accettare i tempi e i modi che cambiano – da far quasi venire un po’ di speranza per il genere. Solo che noialtri lo conosciamo il film di cui questa miniserie è seguito diretto, Boiling Point - Il disastro è servito del 2021, siamo consapevoli che essa, la miniserie, l’hanno fatta esattamente le stesse persone e dunque sappiamo cos’ha appena passato la cucina dello sciccoso ristorante londinese Jones & Sons. Non c’era mica tanta serenità in Boiling Point - Il disastro è servito del 2021. C’era tanto Stephen Graham, dentro a quel film lì e dentro a quella cucina là, oltre a tanto disastro – ma non disastro buffo, proprio disastro termonucleare. Ne consegue che qui c’è quasi certamente qualquadra che non cosa.
D’altronde le persone che compongono la miniserie sono le stesse che c’erano nella cucina di Jones & Sons, solo che adesso lavorano al nuovo ristorante Point North – perché effettivamente, dopo il servizio di Natale di Boiling Point - Il disastro è servito, dura riprendersi da certe recensioni su TripAdvisor. Nella prima parte del pilota – che, appunto, rinuncia a quel tipo di frizione stereotipica della cucina come ambiente violento e un po’ tossico – le tensioni narrative arrivano da altrove: da un nuovo cuoco appena assunto che viene subito gettato nella mischia di un servizio serale particolarmente impegnativo, ma deve aver ottenuto il posto con qualche sorta di cialtroneria perché si ritrova subito costretto a googlare “come si prepara una salsa olandese” – e forse, appena dopo e fuori scena, ha cercato anche “cos’è il burro chiarificato”;
da uno dei lavapiatti che mangia di nascosti gli odori in dispensa perché, presumibilmente, ha talmente tanta fame (e talmente tanta paura di essere scoperto a rubare) che vanno bene anche tre foglie di basilico; dal co-proprietario del ristorante che ha degli ospiti importanti, potenziali investitori fortemente bramati, ed è molto nervoso al riguardo, tanto da raccomandarsi con la capo chef di fare le cose per bene.
Tutto questo, comunque, solo nei 12 minuti che precedono i primi titoli di testa, come a settare il livello di densità narrativa che la serie metterà in scena. Per fortuna delle nostre coronarie, Boiling Point non è una miniserie di sei ore tutta in pianosequenza e messa in scena con quel ritmo; credo che diverse giurisprudenze internazionali ritengano una regia del genere equipollente allo spaccio di cocaina.
Il cambio di paradigma tecnico, oltre a essere strettamente necessario e ad aver comportato l’assunzione di un montatore e/o -trice (buon per loro!), è anche realizzato con sapienza: Boiling Point non ha, rispetto al film, smesso di essere interessante solo perché ha rinunziato al suo trucchetto di raccontare tutta la storia in un’unica inquadratura. Anzi – e a conferma della bontà del film – l’umanità di personaggi ben delineati che vengono sottoposti a forti stress e reagiscono a modo loro continua a essere il centro della narrazione; il birignao estetico è sempre stato un ottimo plus che fomentava una buona scrittura sostenuta da interpreti ragguardevoli, senza sostituirsi a lei.
I veri appassionati di televisione dormano sonni tranquilli, cullati dalle sue virili eppure delicate braccia: Stephen Graham c’è in tutto il suo essere il più bravo di tutti. C’è, è scalcagnatissimo e sta covando il rancore per la sonora sconfitta che la vita gli ha inflitto, nel corpo e nella mente. Osserva da lontano l’apparente successo della sua ex sous chef e del resto dello staff che aveva deluso, truffato e di cui aveva abusato emotivamente. Sembra fare da coro muto alla frenesia dei suoi colleghi, come un perfetto contraltare su cui c’è inciso: è pur vero che l’alcolismo, l’ira e l’abuso di cocaina non aiutano a mantenere un ambiente di lavoro sano e a gestire il lato imprenditoriale di un ristorante, anzi; ma oltre a essere concausa dei disastri, quei vizi esiziali sono anche diretta conseguenza di un mestiere che, in confronto, in trincea sono rilassati. E non tutti hanno il pelo sullo stomaco per stare in trincea, figurati in un posto quasi altrettanto implacabile come una cucina.
Il film di cui la serie è il seguito
Boiling Point
Thriller - Regno Unito 2021 - durata 92’
Titolo originale: Boiling Point
Regia: Philip Barantini
Con Stephen Graham, Jason Flemyng, Ray Panthaki, Malachi Kirby, Vinette Robinson, Áine Rose Daly
Al cinema: Uscita in Italia il 10/11/2022
in streaming: su iWonder Full Amazon channel Rakuten TV Apple TV Google Play Movies ShortsTV Amazon Channel Amazon Video
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