«Ciao! Siamo a caccia di fantasmi, ci vediamo al cinema!». Questa segreteria telefonica esisteva veramente, raggiungibile solo chiamando dal distretto di New York. Campagna di marketing formidabile prima dell’anteprima del film, il 7 giugno 1984: vennero lasciati volantini sulle macchine con il fantasmino mitico del logo e un numero di telefono attivo, al quale arrivarono per settimane circa mille chiamate al giorno. Almeno nella Grande mela, quello di acchiappare fantasmi si rivelava un bisogno reale.
Il fantasmino e il logo vennero creati da Michael C. Gross, il grafico del “National Lampoon”, il giornale comico e satirico da cui un po’ tutta la banda di autori/attori (anche confluiti nello show Saturday Night Live) proveniva. La società che deteneva i diritti di Casper fece causa per plagio, e la perse. Ho recuperato Ghostbusters - Acchiappafantasmi per scrivere questo articolo dopo averlo visto una sola volta, al cinema, nel 1985. Un altro mondo e un altro io, ma non un altro film, nel senso che ha mantenuto una freschezza e una irriverenza (anche politica, ci torniamo) immutate se poste nel loro contesto.
Ovvio, gli effetti visivi possono risultare oggi antichi, nonostante la sapienza del creatore Richard Edlund (Poltergeist. Demoniache presenze), ma che spasso Rick Moranis indemoniato per non parlare di Sigourney Weaver la cui voce da posseduta è dello stesso regista Ivan Reitman, che la preferì al casting alla giovane Julia Roberts, secondo il procedimento di reincisione vocale già operato su Linda Blair in L’esorcista (in quel caso la voce era di Mercedes McCambridge).
I riferimenti cinematografici, televisivi e culturali (pop) sono tantissimi in Ghostbusters, ma sono trattati con una certa nonchalance intellettuale, per non dire dell’anarchia estetica. Da Gianni e Pinotto a Topolino passando per John Landis (a proposito: lo scheletro-zombie che guida il taxi per le strade di New York era un “rimasuglio” della scena del cinema di Un lupo mannaro americano a Londra), e poi l’horror Universal e l’armamentario demenziale della banda del Saturday Night Live. Soprattutto il demenziale.
Quella scuola che parte dal Canada e da Chicago e atterra rumorosamente nella Grande mela, una comicità nata ai piani alti (Harvard!) che non dimentica la propria fonte ideologica privilegiata (anche in Ghostbusters l’equazione è chiara, a proposito di politica: ricerca scientifica pubblica : male = libera iniziativa : bene) ma vi prego, non fraintendete, è solo l’imprinting, leggete la storia del “National Lampoon” per il quadro completo. A noi interessa altro. L’origine, per esempio.
Dan Aykroyd, ossessionato dal paranormale, scrive il soggetto pensando oltre a se stesso a John Belushi, John Candy e Eddie Murphy come acchiappafantasmi. Poi Belushi muore (ma Dan dirà che il set era infestato dallo spirito di Bluto Blutarsky) e Harold Ramis prende in mano la sceneggiatura ritagliandosi il ruolo di Egon, Ivan Reitman passa al timone e si aggiungono Ernie Hudson e all’ultimo minuto Bill Murray. Il cast è perfetto, la sceneggiatura di più.
Quella cosa dell’omino della pubblicità dei marshmallow evocato dall’inconscio gentile del personaggio di Aykroyd è geniale quanto la battuta di Murray su come disinnescarne l’azione distruttrice (l’omino si materializza alto dieci piani e devasta Manhattan): «Ma non lo vedi che è vestito da marinaio? Siamo a New York, lo portiamo a scopare ed è fatta». Tutto così. Gli epigoni non reggono, sono passati i tempi d’oro per questa comicità così scorretta, la replica continua della formula cinematografica ha un senso solo commerciale. Teniamoci stretto l’originale e la sua canzone (Ray Parker Jr.). Who you gonna call?
Il film
Ghostbusters - Acchiappafantasmi
Fantasy - USA 1984 - durata 107’
Titolo originale: Ghostbusters
Regia: Ivan Reitman
Con Bill Murray, Dan Aykroyd, Sigourney Weaver, Harold Ramis, Rick Moranis, Annie Potts
in streaming: su Disney Plus Apple TV Google Play Movies Microsoft Store Timvision Amazon Video
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