«Si crede che, quando una cosa finisce, un’altra ricomincia immediatamente. No. Tra le due cose, c’è lo scompiglio». Classe 1992, quattro corti all’attivo di cui l’ultimo, Le variabili dipendenti (su MUBI), premiato ai David 2023 e qualificato dunque a entrare nella short list degli Oscar, Lorenzo Tardella prende in prestito le parole di Marguerite Duras per descrivere la scompigliata terra di confine in cui si muovono i suoi personaggi, non più bambini e non ancora adolescenti, alla prese con la scoperta del desiderio.
Edo, il tuo corto del 2019, si apriva sull’immagine di un ragazzino che baciava il proprio riflesso nello specchio. Nel buio del teatro, i due protagonisti di Le variabili dipendenti si offrono invece l’uno allo sguardo dell’altro.
Quello del superamento dello specchio è un punto centrale di quel tempo particolarissimo e per me interessantissimo che sta fra l’infanzia vera e propria e l’inizio malcerto dell’adolescenza. Quando sei bambino ti guardi allo specchio perché esisti solo tu, ci sei soltanto tu e questo ti basta; poi arriva un momento in cui la bolla si crepa, e ti trovi costretto a mettere un piede fuori per rifletterti negli occhi di un altro.
Con tutti i rischi che ciò comporta...
Già, infatti Le variabili dipendenti si divide piuttosto nettamente in due parti differenti: una prima metà - diciamo l’ipotesi - in cui nella zona franca del teatro, nello spazio sicuro del gioco, Pietro e Tommaso si riconoscono a vicenda (siamo la stessa cosa, vogliamo la stessa cosa), e una seconda in cui questa certezza viene sottoposta alla verifica dell’intimità, finendo per vacillare sotto il peso del faccia a faccia.
Il tuo è un cinema di non detti, di movimenti quasi impercettibili che - sbirciati da vicino - spalancano abissi di paura e desiderio.
Non potevamo che lavorare sulla vicinanza: se racconti una storia scarna come questa devi creare a monte una geografia precisissima di gesti e sguardi - cose piccole, appunto - e lasciare che siano quelli a fare il film. Da regista come da spettatore, mi piace che rimangano degli spazi vuoti che ciascuno può colmare col suo vissuto, in maniera se vuoi immersiva. Non credo che un cortometraggio debba necessariamente essere un “film in miniatura”: il corto ha un suo respiro che non è per forza quello del lungo, se ti affanni per arrivare puntuale a tutti gli “appuntamenti” previsti da un film dalla durata più estesa c’è il rischio che poi si avverta il fiato corto... In questo senso abbiamo preferito mantenerci entro i confini di un’area più ridotta, scavandola però in profondità.
Com’è andata con i due giovanissimi interpreti?
I più spaventati eravamo noi! Mi ha sorpreso la professionalità che hanno dimostrato, specie considerato che la loro è un’età di nascondimento più che di esibizionismo. Credo che quello che si sono scambiati sul set sia stato per entrambi il primo bacio... Questo dice tutto, no?
Il film
Le variabili dipendenti
Cortometraggio - Italia 2022 - durata 0’
Regia: Lorenzo Tardella
Con Simone Evangelista, Mattia Rega
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