A me, per esempio, piace molto la sveglia umana che è durata tutto il periodo della Rivoluzione industriale: il tizio – per gli amici il knocker-up – che si portava da casa un bastone lungo lungo e passava a bussare alle finestre degli operai che avevano bisogno di essere svegliati per arrivare in orario a spaccarsi la schiena venendo sfruttati per arricchire qualcuno con più pelo sullo stomaco di loro. Giovenale, però, si sarebbe chiesto: chi sveglia gli svegliatori? Mutatis mutandis, Toutatis in mutande: non è importante. L’importante è ricordare, neanche fossimo dei pistoleri alla ricerca della Torre nera, che viviamo in un mondo che va avanti – anche quando sembra tornare indietro – e che (quasi) ogni lavoro e/o servizio a pagamento diventerà uno di quei mestieri di una volta; al cui accenno, quando salta fuori durante una partita di Trivial Pursuit, la gente reagirà con gli stessi versi di quando si vede una cucciolata di Labrador pisolare in una grossa scatola di cartone. Aaaaw, che cosa affascinante possedere delle pinze enormi e passare di casa in casa a consegnare enormi blocchi di ghiaccio perché non è ancora stato inventato il frigorifero. Ecco. Lo spirito di questa nuova commedia (inedita in Italia) distribuita da Max (ricordiamolo sempre: è come dire HBO) e intitolata Bookie è quello di trovare l’ironia nelle tribolazioni di un povero cristo che nella vita si è scelto – sfiga – un mestiere che, per circostanze varie, sta diventando rapidamente obsoleto. Il mestiere è quello di allibratore, e fra le “circostanze varie” ci metterei l’indubbia illegalità, ma anche la liberalizzazione regolamentata del gioco d’azzardo in molti degli Stati Uniti d’America.
Il protagonista della serie è il comico Sebastian Maniscalco – se non lo conoscete: è uno bravo che catalogherei sommariamente nella categoria degli affascinati dal lato oscuro del boomerismo, ma ancora con le forze di tenere a bada il vecchiodimmerda che c’è in lui. La prima faccia nota ad apparire sulla scena dell’episodio pilota, però, è quella di Ray Romano, liso al limite dello sdrucito esattamente come il vecchio cappotto burberry e il maglione ton sur ton – marroncino color cacca da far controllare immediatamente allo specialista di fiducia – che indossa mentre affronta la sua debacle matrimoniale.
Egli è appena stato cacciato di casa, fuori campo, da una moglie incazzata come una biscia per i 12mila dollari di debito che il marito ha contratto scommettendo sul football. Ops. Sono appena diventati 13mila. Maniscalco invece è quello che sta dall’altra parte del telefono quando Ray Romano chiama il suo uomo di fiducia per questo genere di crisi ludopatiche: è Danny Colavito, allibratore che ha imparato il mestiere dalla vecchia scuola dei telefoni a gettoni e che, nonostante la mancanza di un’educazione formale, è comunque abbastanza imparato da riconoscere di essere, professionalmente, a rischio estinzione.
E se non fosse abbastanza imparato, peraltro, a ricordarglielo c’è comunque il suo ex spacciatore d’erba, eliminato dal mercato dalla liberalizzazione delle droghe leggere in California e costretto a sbarcare il lunario come NCC che ogni tanto si ferma a spaccare le vetrine dei negozi di marijuana. Colavito è un magnifico esemplare di dinosauro del sottobosco semi-legale, fra gli ultimi superstiti di una società in cui era normale avere delle conversazioni telefoniche. È uno che gira in macchina con la pistola sul sedile del passeggero, con quattro cellulari anonimi su cui riceve le chiamate degli scommettitori (niente nomi: sono numerati) e che quando si è sposato ha imposto solamente due vincoli alla moglie: niente banche e niente musical. Passa le sue giornate a girare in macchina insieme al socio Ray, ex giocatore di football americano che funge da deterrente visivo per i clienti morosi, tra una sana attività di recupero crediti in cui non si guarda in faccia a nessuno, neanche a Charlie Sheen, e le telefonate degli scommettitori diligentemente appuntate sull’apposito quadernetto.
Bookie l’ha creata, scritta, prodotta e qualche volta anche diretta Chuck Lorre. Chuck Lorre è quello che ha creato, scritto, prodotto e qualche volta anche diretto, tra le altre, Dharma & Greg, Due uomini e mezzo, The Big Bang Theory e Il metodo Kominsky. Chuck Lorre poteva smettere di fare serie l’altro ieri o persino due settimane fa, che tanto di soldi ne ha e sui libri di storia della tv ci è già finito abbondantemente. Eppure continua a lavorare con profitto e soprattutto mettendosi in discussione, proponendo una sitcom-non sitcom – mancano sia le unità di luogo sia l’abuso di tormentoni, e il pilota sembra promettere una certa evoluzione orizzontale della trama – che, al contrario delle sue serie più celebri, non ha l’urgenza di essere ecumenica e smussata a tutti i costi. Anzi. Ci viene chiesto di fare il tifo per e di ridere insieme a un mezzo criminale che un POS non sa neanche com’è fatto, figurati un 730 precompilato: Danny è una futura reliquia che sa di essere tale e affronta l’oblio con spirito, inettitudine e caoticità; oltre a essere un finto gangster che non esita a sparare quando tentano di rubargli un orologio che lui, a sua volta, ha appena preso a Charlie Sheen per farsi ripagare un debito. Ma tutto questo ci viene chiesto con la giusta gentilezza e con il giusto numero di battute che atterrano perfettamente, dunque non ci esimiamo.
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