Lo sguardo vitreo dei grandi occhi azzurri in primissimi piani che tagliano la faccia di Star (Sarah Walker), 19 anni, oversize, «ma prima ero normale». Prima delle dosi massicce dell’antipsicotico Abilify, di dexedrina e dopamina, e di invasioni corporali con sonde, tubi, apparecchi per il controllo cerebrale, test cognitivi... Il trattamento è fornito da un bianco, luminoso ospedale della Nuova Scozia, Canada, immerso nella neve candida, sfondo ovattato che ben si concilia con il tempo sospeso della malata mentale (trauma familiare, tentativi di suicidio). Potrebbe essere la Sweetie di Jane Campion, ma non lo è.
La giovane regista Ashley McKenzie di Cape Breton, estremità nord canadese, premiata per i corti e per l’esordio Werewolf (2016), cerca il «limite dell’austerità bressionana» (“Variety”) ma trova una staticità dolciastra, un indugiare molto arty sull’espressione vuota di Star, «nome che diventa rats (“ratti”), se letto al contrario». Accanto a lei un babysitter cinese gay, An (Ziyin Zheng) dalla voce suadente e il dolce canto antico. Regine entrambi di qualche dinastia al centro di un ipercinetico videogame.
L’accostamento di un altro “fuorinorma” rischia l’equivalenza tra omosessualità e disabilità, ma i due negli astrusi monosillabi che si scambiano (sceneggiatura di McKenzie) esprimono una bizzarra e amabile filosofia, in contrasto con l’apparenza imbambolata. Entrambi hanno un segreto e un sogno, fuggire da un popolo “falso e cortese” (la regista maltratta i connazionali). Linguaggio sincopato, colori pastello, stato ipnotico. Al di là del format indie, c’è il desiderio di fuga anche dal suo stesso cinema.
Il film
Queens of the Qing Dynasty
Drammatico - Canada 2022 - durata 122’
Titolo originale: Queens of the Qing Dynasty
Regia: Ashley McKenzie
Con Sarah Walker, Ziyin Zheng
in streaming: su MUBI MUBI Amazon Channel
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