«È un film sul piacere, e sulla perseveranza». Così Ira Sachs su Passages, ronde amorosa a tre (Franz Rogowski/Tomas, Ben Whishaw/Martin, Adèle Exarchopoulos/Agathe), che dopo l’uscita estiva nelle sale approda su MUBI il 17 novembre 2023. Ne parliamo col regista.
Il personaggio di Tomas è un manifesto dei tempi incerti in cui viviamo: c’è un’incertezza identitaria e sentimentale, ma anche narrativa, cioè relativa alla storia che intessiamo per noi stessi. Come spettatori, Tomas ci attrae e ci respinge: anche noi proviamo un’incertezza nella definizione del nostro rapporto con lui.
Passages è un film nervoso, nel suo farsi, nel suo viversi; un film di ansie. Tomas è molte cose, ma non un narcisista, come si tenderebbe a definirlo: non esige attenzione, piuttosto crea qualcosa che gli altri vogliono guardare. Non chiede di venire riconosciuto costantemente, ed è anche premuroso verso gli altri, ma gli manca la delicatezza. A me interessa raccontare personaggi che ci mettono un po’ a svelarsi, a farti entrare, gradualmente ti chiedono di ingaggiare una relazione con loro, e, se il film riesce nel suo intento, la tua resistenza nei loro confronti scompare. Io empatizzo con Tomas soprattutto perché le mie azioni non seguono sempre i miei ideali, e in generale nel mio lavoro sono spinto a raccontare ciò che uomini con un certo potere sono in grado di fare, sbagliando. Poco fa ero a un ristorante e ho deciso dove volevo sedermi: ho pensato che, per la posizione che occupo nel mondo, è una cosa che, semplicemente, posso fare. C’è da rifletterci. E invece quello che manca a Tomas è proprio la consapevolezza, è un buon ascoltatore ma non si mette nei panni degli altri. Ho conosciuto diverse persone del genere, che al contempo sono molto carismatiche perché resistono alle norme della società e mettono in scena fantasie di ogni tipo, solo per i nostri occhi.
Nel film si dice spesso a Tomas che fa troppo rumore, e il suo in effetti è un modo di stare al mondo assordante, divorante...
Sì, Tomas si divora ogni stanza, la inonda, la monopolizza, ma rende anche il presente più godibile, gli dà energia, e un attore come Rogowski è capace senza sforzo di incarnare questo personaggio in ogni sua fibra, credibilmente, ma dandoti anche l’impressione di stare interpretando una parte, di saper reggere e non perdere se stesso. È qualcosa che si poteva dire all’epoca di James Cagney, supremo esempio di attore così magnificamente funambolico - lui è forse il più grande attore che sia mai comparso di fronte a una macchina da presa, perché generava sotto ai tuoi occhi ogni genere di fantasia, ma aveva anche una grande coscienza di quel che rappresentava, un’autodeterminazione che gli permetteva di “farla franca”.
Quello che fanno succedere insieme Rogowski, Exarchopoulos e Whishaw, attori di diverse nazionalità e background, è straordinario, come il loro modo di agganciarsi l’uno all’altro, sulla stessa frequenza...
Hanno una cosa in comune: la passione per la creazione artistica. E poi sono tre esseri umani totalizzanti, che si prendono tutto lo spazio che vogliono, ma sono anche portatori di una profonda umiltà. Infatti sul set c’era sempre questa gioia che fluiva tra loro, che l’uno si scambiava con l’altro, e ciò andava a costruire una fiducia quintessenziale, imprescindibile affinché si sentissero liberi di correre rischi. Io non faccio mai prove prima di girare, quindi al momento del ciak si condensa un’atmosfera di prime volte, e dunque, come già detto, di ansia! Ma, soprattutto, un’atmosfera densa di possibilità.
Libertà e fiducia sono state fondamentali, immagino, anche per girare quelle che sono forse le scene erotiche più intense viste quest’anno... e senza uno straccio di voyeurismo.
Sono un po’ in disaccordo perché penso che il fatto stesso di stare in un pubblico, in una sala, significhi essere un voyeur, e questo è parte del piacere di guardare un film: il permesso di entrare in una situazione di intimità in cui però non sei incluso. Con “intimità” non mi riferisco necessariamente al sesso: può significare la sfera emotiva, o, più semplicemente, la vista della pelle di uno sconosciuto. Tra te e gli attori si instaura un rapporto nel quale non sei automaticamente in una posizione di privilegio, perché puoi entrare nella stanza, ma non nella relazione; sei invitato nella camera da letto, ma non a partecipare all’atto! Poi, certo, nessuna scena è fine a se stessa e d’altra parte ho fatto questo film tenendo bene a mente e avendo un profondo rispetto dei confini che mi sono stati dati da ciascun interprete. Nel film c’è la loro trasparenza, ma anche la loro privacy.
Questa trasparenza emotiva, quest’assenza di veli e di filtri si può quasi toccare. Passages è intriso di una sobrietà che tuttavia tiene un coltello fra i denti e non ha timore di usarlo.
Mi sento molto fortunato e grato perché, se questa sincerità non esiste naturalmente, non c’è nulla che io possa fare, non posso far avvenire a forza qualcosa di reale, un sentimento di verità. La domanda è sempre la stessa: riuscirò a creare un materiale filmico che sia inaspettato? Che renda quindi preziosa una scena? Quando succede, non succede mai due volte. Per esempio, io non sapevo dove Franz e Ben avrebbero portato la loro scena di sesso, fino a che non è accaduta. È necessario, direi umano, accettare il fallimento del nostro controllo.
Il film
Passages
Drammatico - Francia, Germania 2023 - durata 91’
Titolo originale: Passages
Regia: Ira Sachs
Con Ben Whishaw, Adèle Exarchopoulos, Franz Rogowski, Erwan Kepoa Falé, Radostina Rogliano
Al cinema: Uscita in Italia il 17/08/2023
in streaming: su MUBI Apple TV Rakuten TV
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