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Challengers

Regia di Luca Guadagnino vedi scheda film

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La recensione su Challengers

di YellowBastard
7 stelle

Al gioco del tennis si può giocare in due o in quattro, nel caso nel doppio.

Ma mai in tre. Questo almeno nel tennis ma al di fuori, nel mondo reale, è tutta un’altra storia.

 

Se pensiamo che Challengers sia semplicemente un film sul tennis, o una sua metafora, probabilmente commetteremmo un errore.

L’ultima opera di Luca Guadagnino, primo film prodotto da un grande Studio (MGM) e “veramente” americano (e si vede), scritto da Justin Kuritzkes, marito di Celine Song, regista/sceneggiatrice del film Past Lives (anche qui c’è un triangolo al centro della storia, verrebbe da chiedersi come funzioni il loro rapporto coniugale) e drammaturgo americano alla sua prima sceneggiatura oltre che autore del prossimo progetto cinematografico di Guadagnino, un adattamento tratto da Queer di William S. Burroughs, che sfrutta lo sport semplicemente come cornice o, meglio ancora, come “terreno di gioco” per una fantasia iper-potenziata di amore, odio, sesso (e sensualità) e (soprattutto) potere intrecciando tra loro tre vite che finiscono per consumarsi a vicenda in una estenuante partita giocata, per anni, non soltanto su un campo di tennis ma anche nella vita reale.

 

Challengers di Luca Guadagnino, in realtà, non è un melodramma a tre | Bad  Movie | Cinema - BadTaste.it

 

Match Point personale di un autore, come Allen, cinefilo e, al contempo, estremamente pop, autarchico e avanguardista (si dice così?), Challengers ha una struttura narrativa, al netto di salti temporali a volte un po’ caotici, costruita per seminare false piste e aspettative poi invece disattese e/o ribaltate, tra illusioni e sogni infranti in un caleidoscopio di pezzi di un puzzle che faticano però a incastrarsi.

 

Così il challenger, serie di tornei internazionali nati per consentire a giocatori di seconda fascia di acquisire un ranking sufficiente per accedere ai tornei principali, diventa piuttosto uno scontro tra ragione e sentimento, tra caos e ordine (Fire and Ice) perché la competizione mai come in questo caso obbedisce alla legge del desiderio dei tre protagonisti.

Una partita lunga però ben tredici anni, dal 2006 al 2019, ridotta però a un singolo match, a un “triello” (quasi) di Leoniana memoria per un melodramma romantico in continuo mutamento, sia in amore che in carriera, come una pallina respinta da un lato all’altro del campo in un “game” occasionalmente vinto da uno o dall’altro, ma la cui unica, vera costante è che a comandare il gioco è sempre Tashi, la “sfasciafamiglie” (l’intenso legame di vecchi compagni di corso, come la competizione continua tra loro, nasconde in realtà una qualche attrazione omoerotica? Molto probabile) i cui sogni vanno in frantumi a causa di un infortunio ed è quindi costretta a viverli attraverso altri, personaggio formidabile (e antipatico) che però Guadagnino trasforma lo stesso in una specie di “trofeo” per il vincitore (che sia maschilismo anche questo?).

 

Gli alti e bassi di questo triangolo sono assecondati inoltre dall’eccellente lavoro al montaggio di Marco Costa ma anche esaltati dall’ipnotica colonna sonora curata dai premi Oscar (per Soul della Pixar) Trent Reznor & Atticus Ross, sodalizio con Sorrentino che si rinnova ancora dopo Bones and All.

 

Challengers | Pointblank

 

Un “menage à trois” poi dai molti echi cinematografici, dà il triangolo di Scandalo a Filadelfia a quello di The dreamers di Bertolucci, da Jules & Jim di Truffaut a Tre cuori di Benoit per finire a L’amico della mia amica di Rohmer e, sempre in ambito sportivo, all’americanissimo Bull Durham di Ron Shelton, combinata a una verve omoerotica (o pansessuale) di cui Guadagnino è indiscusso maestro ma svuotandolo di qualsiasi romanticismo e portandone all’estremo le conflittualità di cui il gioco del tennis ne è una fortissima allegoria.

Il tennis viene infatti mostrato in modo cinetico ed emozionante ma anche in tutta la sua performante brutalità, un’esperienza dura e faticosa ma anche tonificante ed esaltante per il corpo umano, immortalato continuamente dalla telecamera di Guadagnino.

 

A capo di tutto, nel film come fuori dal set, la neo star del momento Zandaya che tra film, mondanità e gossip sembra non sbagliare un colpo ma di cui è impossibile negarne il fascino come anche la bravura, mentre i due contendenti al premio finale (la suddetta Zendaya) sono Josh O’Connor, rivelazione dello streaming con The Crown su Netflix e poi diventato protégé di talentuosi registi italiani (era in anche La chimera di Alice Rohrwacher) e Mike Faist, attore di Broadway lanciato addirittura da Steven Spielberg in West Side Story, antagonisti e amici (amanti?) a cui donano prestanza atletica, fisicità esasperata in contrasto a una psiche invece fragile, insoddisfatta, sottilmente ambigua.

 

Challengers" di Luca Guadagnino – Fata Morgana Web

 

Affascinante variazione d’autore di un film sportivo convenzionale, l’anticoconformista (!) Challengers è anche un ottimo trampolino verso la celebrità per i nuovi Mike Faist e Josh O’Connor mentre per la già affermata Zendaya promette di allargarne il profilo verso nuove, ulteriori dimensioni.

 

VOTO: 7

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