1 stagioni - 5 episodi vedi scheda serie
Ci pensi, a volte, quando torni a casa la sera che otto ore (di lavoro) non dovrebbero essere un giorno e che dovresti avere ancora il tempo e l’energia per fare altre cose, stare con gli amici o più semplicemente farti i cazzi tuoi. E Fassbinder ci porta nel suo mondo filmico, nella sua epoca, in quello che gli sta intorno, nelle dinamiche umane di una società di cui non vengono nascoste le problematiche e gli aspetti negativi, ai quali si cerca di trovare nuove soluzioni, insieme o da soli, in fabbrica come in famiglia, discutendo e litigando, se necessario.
Prodotto televisivo suddiviso in cinque puntate, ciascuna dalla durata di un lungometraggio, Otto ore non sono un giorno appare quantomai alieno alle logiche produttive e ai temi attuali trattati dalla tv di oggi, da cui sembra essere stato bannato qualsiasi impegno politico e sociale, qualsiasi descrizione psicologica che possa essere destabilizzante e potenzialmente pericolosa per lo spettatore medio, rincoglionito da giochi a premi e fiction. Nelle storie raccontate da Fassbinder, che si intrecciano e sovrappongono (ogni episodio ha per titolo il nome di una coppia di personaggi), ruotando intorno alla vicende della famiglia Kruger, si sente il battito di una vita che pulsa in maniera autentica e che gli ambienti (interni ed esterni) servono solo a contenere e a canalizzare nelle diverse situazioni che costruiscono la trama. L’artificio della recitazione rende i personaggi ancora più reali, impegnati nei ruoli che l’esistenza (e il cinema) offrono e all’interno dei quali si materializza una spinta umana di disarmante potenza emotiva e empatica, che ci fa avvicinare ad essi, facendoci partecipi e non solo spettatori dei loro momenti di gioia, tristezza, difficoltà e passione. Attraverso l’uso del formato televisivo Fassbinder compone un detour di incredibile introspezione e anche di analisi critica del periodo storico a cui appartiene, soprattutto nei rapporti interpersonali e di potere all’interno di una fabbrica, soffermandosi poi anche sulle relazioni fra gli anziani e fra i bambini anche se il cuore pulsante dell’opera è il rincorrersi degli adulti nelle loro reciproche attività quotidiane, lavorative quanto sentimentali. Non mancano poi le sbronze, le lotte, i momenti di festa, le delusioni e le inaspettate e improvvise vittorie. Attento al linguaggio filmico, con movimenti di macchina e veloci zoom sui volti degli attori e delle attrici (tra cui una splendida Hanna Schygulla) Fassbinder trasforma la televisione in un mezzo cinematografico, per la messinscena di un racconto corale, dai tempi dilatati e attenti a svelare le molteplici sfumature dei personaggi, in cui ritratto e quadri d’insieme si amalgamano nell’inquadratura, per dare forma a uno sguardo capace di catturare il disgregarsi di un’epoca, perché di quello che è stato, di quel modo di comunicare e di quella partecipazione, nulla è rimasto. A ricordarci di vivere e gioire, le leggiadre musiche in apertura e chiusura di Jean Gepoint.
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