C'è stato un periodo in cui proporre cose da vedere a mia figlia (15 anni) è stato semplice. Si mangiava di tutto, corti e lunghi, colori e bianco e nero, serie e film, comici e drammatici. Al massimo se si annoiava un po' impugnava il cellulare, se la noia si protraeva oltre si faceva una dormitina. Poi ha cominciato a guardare cose per i fatti suoi, serie tv soprattutto. O film horror con le sue amiche. Qualsiasi padre dotato di senno sa che certe visioni sono esclusive, finalizzate al divertimento collettivo, soprattutto gli horror, piccole esperienze notturne che convertono un brivido in risata complice. Demistificandolo.
Qualche giorno fa, invece, approfittando di alcuni giorni di festa, è stata lei a proporre la visione di una serie tv, una serie che lei e le sue amiche hanno già visto e che voleva rivedere proprio con noi. Si tratta della serie Tredici, produzione Netflix. Tredici episodi della durata di un'ora circa, tredici ragioni che hanno spinto un'adolescente a togliersi la vita, tredici nastri inviati ad altrettante persone che hanno contribuito, in maniera più o meno pesante, alla sua decisione. Serie di cui avevo già sentito parlare, che ha fatto parecchio discutere negli Stati Uniti e in Inghilterra e che da qualche giorno viene trattata anche in Italia da alcuni quotidiani, attenti ai fenomeni televisivi.
Certo, dico. Volentieri. Approfittando di un giorno di festa ci piazziamo sul divano nel pomeriggio e diamo il via a quella che già si prefigurava come una maratona. La prima cosa che va detta è che questa visione partiva già con un capovolgimento di fronte: di solito siamo noi ad aver visto le cose che proponiamo ai nostri figli, siamo noi ad anticipare eventualmente alcuni elementi, noi a sapere cosa succede dopo, noi a immaginare di poter prevedere le loro reazioni (solo immaginare, ovviamente). Qui invece è accaduto il contrario: lei sapeva già tutto, lei aveva delle categorie in cui aveva inscritto gli eventi, lei prevedeva le mie reazioni ed eventualmente poi confrontava gli scarti tra la previsione e la realtà. E in Tredici si producono molti scarti di questo tipo. In Tredici il mondo degli adulti e quello degli adolescenti sono separati da una pellicola trasparente che opera come un filtro, i primi non riescono a capire cosa stia accadendo e dedicano la maggiorparte delle energie a riflettere e a preoccuparsi, senza agire. I secondi agiscono continuamente, in una spirale perversa di azioni e reazioni, colpe e scagionamenti, derive e slittamenti di responsabilità. Senza avere il tempo di fermarsi, un attimo.
Il mondo è lo stesso, ma la velocità alle quali le cose accadono determina uno sfasamento prima solo percettivo, poi tragicamente reale. Sullo sfondo del dramma che si consuma in Tredici c'è una società puritana e retrograda che non riesce a trasmettere posizioni chiare ed univoche su libertà individuali che pure difende come sacre ed inviolabili. Una società che applica costantemente un doppio registro, che da un lato libera pensieri liberi e dall'altro li richiude in giudizi morali.
Tredici infila il coltello dentro ad una ferita aperta, quella di una società capace di grande libertà espressiva e di pari oppressione morale scatenando sensi di colpa e inducendo i deboli a diventare cattivi, i paurosi sbruffoni, gli sbruffoni bastardi, i bastardi infami. E i diversi, vittime. In un circolo vizioso senza pause, senza sosta, apparentemente senza soluzione.
Anzi, la soluzione ci sarebbe ed è la mia provocazione della settimana: Louis C.K. come insegnamento di base, nelle scuole. Una cura radicale e ironica, cinica e realista. Umana, troppo umana. Uno capace con un minimo uso di parole di dire la verità e mettere il punto sulle contraddizioni della società in cui vive. Uno che su Trump dice: Votare per Trump è un modo per dire "Vaffanculo. Che si fottano tutti". Lo capisco. È una versione nazionale del suicidio. O come una gran botta dopo aver fumato una pipa di crack.
Uno così non permette doppi registri, stronca sul nascere sensi di colpa ingiustificati e, a catena, priva di significato la possibilità di fare davvero male ai propri simili.
Anzi, sapete cosa? Louis C.K for president.
Vabbè, andiamo per gradi, inizierò con il farlo vedere a mia figlia.
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