Vi sarà sicuramente capitato di accompagnare un funerale. O di accompagnarvi nel funerale. Di farvi accompagnare da un funerale. Insomma, almeno una volta in vita vostra avrete partecipato alla morte altrui, al lento scendere di corpo senz’anima verso il giaciglio delle spoglie umane.
E’ sempre stato, il corteo funebre, uno dei luoghi dove meglio conoscere l’umanità; le sue maschere, i suoi muri di senso, le intercapedini cigolanti, stanze di esistenza che, appena aperte le finestre al vento impetuoso del non-più, esalano subito tutti gli odori repressi, le polveri centellinate in album di ricordi molecolari. Insomma, tutte quelle gran robe lì. Il funerale è spesso l’incontro-scontro di opposti mai sanati; un piccolo tempo sociale in cui si concentrano dolore, prostrazione, senso di impotenza allo stesso modo in cui c’è insofferenza, astio mai represso, la sublime inettitudine e l’ipocrisia, ala biancastra di una società in cui tutto viene detto per non dire davvero nulla. Con questa veloce playlist, fatta in quattro e quattr’otto ma con mio sommo divertimento (che spero sia anche il vostro), ho cercato di racchiudere, in un ideale transito necroforo, alcune delle scene più viste sul tema. Alle famose ho affiancato altre meno conosciute conscio che disseminate in sequenze-spezzoni, in visioni-montaggi se ne trovino ancora a decine. Ma basta questo, suppongo, per farne un elenco di principio e dimostrare senza ombra di dubbio che una risata ci seppellirà!...
(http://youtu.be/xbM4kltF57o) Esiste una scena più esplicativa di questa se vogliamo introdurre quel senso di tensione, di grottesco e di orrido che può registrarsi in un intimo incontro con la propria morte? Una epifania che nessuno vorrebbe mai trovarsi tra i piedi nei propri campi morfici, ma che il regista svedese riesce a rendere sublime ed intensa come poche. Lo fa ricucendo, in meno di quattro minuti, tutte le fibre smembrate di molte avanguardie novecentesche e chiudendo con un quasi-bacio tra l’essere e il non-essere, in un macabro scivolamento di primissimi piani e di freni inibitori.
(http://youtu.be/n4CN-ENkhQ8) “Signori e signore, vola per le osterie una dolorosa notizia. Il signor Augusto, detto Pagliaccio, s’è dipartito, involato, deceduto. E’ morto”. In questo ‘capolavoro di mezzo’ tra il “Satyricon” e il magmatico e controverso “Roma”, regna un’atmosfera in cui sembra che il Living Theatre, in trasferta al Circo Togni, voglia repentinamente ammutolire il caos in un’armonia fanciullesca che faccia divertire e luccicare gli occhi alle tate e strabuzzare gli occhietti ai relativi infanti. Duecento anni di giorni e di cose quotidiane per avere un epitaffio impietoso del genere: “Faceva ridere i bambini e piangere i propri figli”. Come dire che il Maestro, com’era solito fare spesso nei suoi film, tra frizzi e lazzi tira giù terribili stilettate su di sé e sul mondo del cinema.
(http://youtu.be/Tw3CUC86ikA) La petomanìa felliniana fa scuola. Il nobile suono degli intestini del cavallo di pezza si reincarna nella mula di due ragazzacci palermitani, fissati con il cinema; si apre così il corteo che taglia la desolazione marziana di quella che fu la Conca d’Oro. Ora Cancro di Cemento. E’ lo Z.E.N.? E’ Brancaccio? E’ Villabate? Se qualche palermitano doc è in ascolto ci venga subito in aiuto, anche se alla fine poco importa. Lunghi asfalti assolati, casermoni ed una fauna umana a metà strada tra un guizzo del Monicelli più caustico ed uno scatto del Serrano meno iconoclasta, sono ossa e resti, freschi di calce e malta, di un paese ammazzato senza tumulazione. Che poi siano stati evocati la censura e/o il rogo per queste immagini, è già di per sé il funerale dell’arte. Potevo inserire nella play il corteo sgranato e glorioso dell’Entr’acte di Clair; sarebbe stata una scelta omogenea ma un po’ banalotta… Questo “Zio” funge invece da primo surrogato…
(http://youtu.be/2kLW2PicVg8) Con Walter non si poteva non iniziare che lui è lì, arriva al funerale ed è proprio fuori posto; vestito chiaro (nomen omen?) ed aria poco convinta in mezzo a velette scure, facce altrettanto e giacche ancor di più. Con Walter non si poteva non continuare che lui è lì, in mezzo al funerale ma con la testa a tutt’altra sfida, meno atavica forse di quella tra la Vita e la Morte, l’Oblio ed il Ricordo, la Violaciocca o il Crisantemo, ma di un tot più angosciante; Mariolino Corso il rigore lo butterà dentro o no? Con Walter non si poteva non finire che lui è lì, che guida un funerale che non è più un funerale ma la corsa selvaggia di un branco di sarchiaponi ululanti. Roba da comma di Codice Penale, per la stizzita suocera, e da scroscianti applausi, per noi fedeli ammiratori. Un Fulci d’annata per questo che è il surrogato numero 2 dell’Entr’Acte assente…
(http://youtu.be/873GOwN-3w0) Carissimi, giunti a questo punto della lista, posso pure confessarvi l’inconfessato… A me questo film non è mai piaciuto più di tanto; cioè, è senz’altro un capodopera ma alla ‘perfetta macchietta da guerra’ dei vari Tognazzi, Moschin e Blier, preferisco “Guardie e ladri”, “I soliti ignoti”, il meraviglioso “Brancaleone” e forse, per molti aspetti, anche l’imperfetto “Panni sporchi”. Ma è l’ora, tra una risata e l’altra, di avviarci finalmente anche noi al camposanto, lì dove ci attende l’elogio finale; l’epitaffio che sigilla il nostro sparire per sempre. Marmo con striature alla moda, vaso di garofani a contratto, lumini per illuminare la vita eterna ed un fotogramma – dico un fotogramma solo! – venuto fuori da una scena secondaria della nostra vita, ma lì adesso in bella mostra. Con un set che dietro mai s’intuisce. Né si ricorda più con quali comprimari di scena, di cui magari - nel migliore dei casi - ci rimane accanto qualche alone, qualche spezzone di braccio, un misero mezzo collo, l’ombra furtiva su una parete. Congelati in quel fotogramma, sempre e comunque saremo muti; le labbra serrate, gli occhi fissi in attesa che qualcuno azioni un ‘gobbo’ lasciato sapientemente bianco. Come a dire che l’ultima parola non è mai stata nostra… vero, Formichella?
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