Regia di Fenton Bailey, Randy Barbato vedi scheda film
la pornografia è una ossessione per i dettagli, robert mapplethorpe ha una maniacale attenzione per i membri maschili, il suo e quelli degli altri uomini che fotografa. Le sue polaroid catturano erezioni e bizzarre posizioni in cui il cazzo è il perno della visione, la sua sola presenza diventa espressione di una sessualità anarchica e sganciata da qualsiasi forma di concettualismo. Il cazzo non è simbolo, non è metafora, è pura presenza di carne turgida e pulsante. Ancora più esoteriche e stranianti sono le fotografie dell’underground sadomaso e omosessuale di New York degli anni settanta, dove l’artista raggiunge forse l’apice della sua ricerca estetica. Queste immagini fuori da ogni ordinaria percezione sono bilanciate, nella sua carriera, dalle molteplici fotografie di fiori, alchemiche rappresentazioni di nature morte, cariche di mistero ed erotismo. Tra questi due poli, una moltitudine di altre foto, autoritratti, scatti improvvisi e ritratti di celebrità, quando ormai era diventato famoso e aveva capito, seguendo l’esempio di Andy Warhol, il modo per fare soldi.
Il documentario racconta in maniera cronologica la vita di Mapplethorpe, alternando le interviste ad amici, familiari ed altri artisti alle immagini (molte, senza censura) delle sue foto, ci fa entrare negli archivi di un museo dove sono tenuti gran parte dei suoi lavori, la voce registrata del fotografo ci avvicina alla sua persona, al suo modo di pensare, ma le sue opere non hanno bisogno di commenti, colpiscono a fondo e mostrano le sue ossessioni e ciò che più amava: i corpi degli afroamericani, la scena bdsm con le sue pratiche e i suoi costumi, i fiori, i cazzi e l’immagine di sé stesso come espressione di assoluta libertà creativa.
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