Regia di Pablo Larrain vedi scheda film
Pablo Larrain affronta con "Il club" il tema spinoso dei sacerdoti allontanati dal loro ufficio per reati di pedofilia, quasi in contemporanea con l'americano "Spotlight", che ha vinto l'Oscar. Non saprei dire quale dei due mi è piaciuto di più, li ritengo entrambi validi e ben fatti. "Spotlight" è un film d'inchiesta girato secondo i canoni del cinema d'azione e giornalistico, mentre qui siamo molto più vicini ad un kammerspiel, claustrofobico e dolente, dove la parola ha un ruolo molto più importante e racchiude il segreto di vite spezzate e alla deriva. È una riflessione matura sulla spiritualità, sugli abusi del potere, sulla necessità dell'espiazione, girata secondo un punto di vista laico. Formalmente non ci sono le invenzioni geniali e pirotecniche di "Neruda", ma è un film meno esuberante, più controllato che raggiunge una sua pacata intensità sull'inferno dei viventi che ricorda moltissimo lo sguardo dei film esistenziali di Bergman (sarà un caso che in alcune scene la colonna sonora ci propone la Sarabanda n.5 al violoncello di Bach che era presente in alcuni momenti memorabili di "Sussurri e grida"?) Ottimo il reparto attoriale, con il fidato Alfredo Castro in testa nella parte di padre Vidal che sostiene con una mimica prosciugata e dolorosa le scene degli interrogatori, e brava anche Antonia Zegers nel ruolo di suor Monica, attrice che nella vita reale è la moglie del regista. La tematica è molto impegnativa, ma il film la affronta con onestà e rispetto per i drammi dei personaggi. Personalmente lo consiglierei, anche perché Larrain non cade nella trappola del film a tesi contro la Chiesa Cattolica; inoltre, è un buon invito a recuperare altri film del regista cileno, di cui "Neruda" mi è sembrato un vero capolavoro.
Voto 8/10
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