Regia di Woody Allen vedi scheda film
44° film di Allen. Ennesima variazione sul tema del delitto perfetto, che però questa volta viene compiuto a fin di bene: un professore di college, ex idealista disilluso, decide di uccidere un giudice che sta per pronunciare una sentenza ingiusta; agisce per puro senso morale, essendo totalmente disinteressato alla vicenda, e quindi nessuno potrà sospettarlo. La sua esistenza cambia di colpo: da semialcolizzato, sovrappeso, impotente che era ritrova il gusto della vita e intraprende due relazioni, con una collega tardona in cerca di evasione e con la studentessa più diligente. Il film procede con un’andatura fin troppo tranquilla, senza scosse, come quella di chi ripercorre ancora una volta una strada conosciuta a memoria, e viene accompagnato da due voci narranti che raccontano due storie parallele. Per la maggior parte del tempo si apprezza la novità del movente: dopo Crimini e misfatti, Match point e Sogni e delitti, finalmente un assassino a cui guardare con simpatia; perciò delude il voltafaccia finale, punitivo e moralistico come quello di Blue Jasmine, che conferma quanto il vecchio Allen si stia ammorbidendo (diciamolo: il personaggio di Emma Stone, cioè una stupidella che si invaghisce di un tipo stropicciato ma fascinoso, meritava di essere fatto fuori). Non si capisce se per difetto della sceneggiatura o per la volontà di lasciare zone d’ombra, restano alcuni aspetti inquietanti: visto che al giudice non viene concessa facoltà di parola, dobbiamo davvero crederlo così corrotto? e l’uomo ingiustamente accusato del suo omicidio verrà poi scagionato? Il resto sono rimasticature ormai scolastiche: nomi buttati lì un po’ alla rinfusa (Kant, Kierkegaard, Heidegger, Sartre e l’immancabile Dostoevskij), fra i quali ci si stupisce di non trovare quello che giustifica il titolo, George Bernard Shaw (“L’uomo razionale cerca di adattarsi al mondo, l’uomo irrazionale cerca di adattare il mondo a sé stesso: perciò il progresso è affidato agli uomini irrazionali”).
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