Regia di Alejandro González Iñárritu vedi scheda film
La strada del Cinema è lastricata di buone intenzioni e se in alcuni casi si risolvono in semplici commesse per compiacere autori, produttori o giurie (e, in qualche raro caso, anche il pubblico) in altre si rivelano comunque tentativi onesti ma che, anche senza volerlo, si perdono purtroppo molto prima di arrivare alla fine di quella strada.
L'inizio del film è folgorante nel definire il senso della pellicola in quanto bellissimo dal punto di vista tecnico, rimanendo giustamente ammaliati da una bellezza visiva singolarmente strana e inquietante allo stesso temo, quanto in realtà piuttosto povera nella sostanza, con un largo uso di piani sequenza da consentire allo spettatore di "vivere" in prima persona l'impeto della battaglia tra gli indiani e i membri della spedizione di cacciatori di pelliccie da gridare anche al capolavoro, grazie ad un gioco di prestigio e di calibrata sfrontatezza che nel medesimo tempo affascina e aggredisce gli occhi ma che in realtà non regge la sua stessa ambizione, fin troppo eccessiva nel raccontare una storia al contrario banale e prevedibile e con, ad ulteriore aggravio, personaggi altrettanto banali e prevedibili.
Il regista Alejandro G. Inarritu e, soprattutto, il direttore della fotografia Emmanuel Lubezki riescono comunque a creare uno splendido racconto visivo, vivido e viscerale, di resistenza umana in condizioni quasi intollerabili e di vendetta, catturando straordinariamente su pellicola la forza ineluttabile della natura che è poi il vero valore aggiunto della pellicola, ma che inevitabilmente si dimostra soltanto come un semplice esercizio di stile.
L'ottima performance di Leonardo Di Caprio, in gran parte quasi esclusivamente muta, è quella di aver spinto la propria immedesimazione e, soprattutto, il proprio corpo oltre ogni limite per il ruolo ma che non va oltre al sensazionalismo o al solo "effetto speciale", ben assecondato comunque dalla regia ma visibilmente costruito anche a causa di un personaggio scritto con troppa superficialità e il cui maggior motivo di interesse sta nella curiosità di come riesca a sopravvivere nonostante tutto.
Difficile comprendere di come questa parte possa effettivamente portarlo a vincere il tanto agognato Oscar come Miglior Attore, come fosse quasi un premio di consolazione o alla carriera, per un attore secondo me comunque eccezionale ma che, a parer mio, ha dato altre prove migliori precedentemente, una su tutta nel recente The Wolf of Wall Street.
Ben più di spessore invece, anche grazie a un personaggio con maggiori sfumature umorali e psicologiche, l'interpretazione di Tom Hardy, a ulteriore aggiunta ad un casting assolutamente di livello (molto buono anche Domhnall Gleeson, comandante della spedizione) ma che secondo me non ha purtroppo beneficiato, come il resto del film, di una sceneggiatura di altrettanto valore.
VOTO: 7
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