Regia di Alejandro González Iñárritu vedi scheda film
L'epica apertura del film, violenta come veloce, rapisce lo spettatore scaraventandolo con durezza nella selvaggia epopea americana e lo conduce poco dopo al culmine del senso di disperazione quando la regia confeziona un momento di vero cinema. Raramente il coinvolgimento emotivo è così immediato e potente. Poi, il nulla.
L'epica apertura del film, violenta come veloce, rapisce lo spettatore scaraventandolo con durezza nella selvaggia epopea americana e lo conduce poco dopo al culmine del senso di disperazione quando la regia confeziona un momento di vero cinema nello scontro fisico con l'orso. Raramente il coinvolgimento emotivo è così immediato e potente. Poi, il nulla. La prolissa storia si dipana in modo piatto, senza sussulti od invenzioni particolari, se non per esaltare le taumaturgiche doti di autoguarigione del protagonista o le sue mirabolanti capacità supereroiche di sfuggire alla morte. Solo tanta violenza, disseminata di minuto in minuto, fine a se stessa ed all'orologio che deve percorrere ancora due ore per portare la storia all'inevitabile finale, già conosciuto e ampiamente immaginato, tanto da essere assolto in modo sbrigativo. L'ottima fotografia è un bel ricordo da portarsi dietro, insieme ad alcuni momenti nei quali la regia scorre velocissima tra frecce e proiettili. Rimane impressa anche la faccia espressiva di Di Caprio, meritevole del premio ricevuto. Ma rimane anche un senso di vuoto e di disturbo per aver assistito ad una descrizione precisa e maniacale dei fatti senza averne colto la vera essenza. Fasullo.
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