Regia di John Landis vedi scheda film
Pensare che lo trovavo come tanti, un grande film, visto pure al cinema nel 1985. Uno dei 20 migliori di tutti gli anni '80. Sicuramente ha una bella atmosfera notturna losangelina e molto stile, unico Landis di un certo livello- secondo me-, dopo l'incidente che ne ha segnato l'intera carriera, avvenuto durante le riprese di "Ai confini della realtà".
Si è molto cambiati. Oggi appunto, non va oltre la catalogazione che non vuol dire niente, di "carino". E a essere di manica larga. In pratica altro non è che un aggiornamento permissivista dell'eterno topos hollywoodiano wilderiano, hawksiano come Lacavaiano con l'uomo comune, mite, con un lavoro noiosamente ripetitivo e intellettuale o tecnico, risucchiato, trascinato in una folle avventura dai ben pochi snodi credibili, per tramite di una ragazza travolgente per chiunque, e mezza stravolta per sè stessa.
Soltanto con ampie iniezioni di violenza e schizzi di sangue pure sul bel viso della Pfeiffer, sparatorie tra il trucido e il ludico, fatte con il consueto intento di Landis "a stridere" e a mischiare i generi, che a volte funzionano come in aeroporto nel finale, altre volte sono soltanto stridenti si, ma pure stucchevoli e saturanti, con un che di costruito e forzoso.
Non particolarmente riuscito il finale "ricompositivo" e consolatorio, che sembra voler intenzionalmente contraddire tutto quello che lo ha preceduto, e il taglio anticonformista è sbarazzino ma come poi Landis ha confermato successivamente con il suo cinema in maniera eminente di cassetta(con solo un vero grande successo) e basta, essere in gran parte soltanto di superficie.
Il ruolo della Pfeiffer, pur reso con grazia e stile, è un tipo femminile ricorrente nel cinema hollywoodiano fin dagli anni quaranta, laddove non poteva essere così esplicitamente "facile" e interessata facendo di interesse virtù, che però nella realtà non esiste. Non che il film aspiri ad essere minimamente realistico, ma su simile improbabile agglomerazione di eventi ha fatto di meglio due e tre anni dopo Jonathan Demme, sia con "Qualcosa di travolgente", che "Una Vedova allegra...ma non troppo". Infatti quest'ultimo proprio con la Pfeiffer.
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