Regia di Maria Sole Tognazzi vedi scheda film
Naturalmente la dimensione politica di Io e lei, del tutto assente nella storia in sé, prevale nella ricezione, anche superficiale, rispetto ai valori o ai difetti di un film tuttavia completamente coerente col mondo a cui si rivolge. Benché furbissimo nel narrare con garbo e malinconia il ménage matrimoniale di due donne borghesi romane, il film esprime orgogliosamente l’idea di un cinema medio che parla di gente media che ha problemi medi. L’omosessualità delle protagoniste è un problema soltanto nel mondo dell’architetto Federica, ex madre di famiglia non completamente pacificata con la nuova vita assieme alla fiera ristoratrice ed ex attrice Marina: e, sulla carta, questo equilibrio instabile tra soddisfazioni e turbamenti dovrebbe accordarsi col reale sentire dello spettatore del cosiddetto ceto medio riflessivo. Dotata di un certo gusto estetico nella riproduzione della normalità (discorsi comuni, riti ordinari, serate abitudinarie) anche grazie alla fredda fotografia di Arnaldo Catinari e al rapido montaggio di Walter Fasano, Maria Sole Tognazzi saprebbe pure come raccontare questa storia dichiaratamente normale e Io e lei rappresenta un nuovo tassello nella sua riflessione sulle relazioni sentimentali: la solida amicizia in Passato prossimo, l’affollata solitudine de L’uomo che ama e quella conciliata di Viaggio sola trovano una sintesi in questa storia di un amore solido (le due stanno insieme da cinque anni) ed affollato (la famiglia allargata di Federica e quella ruspante di Marina) che deve superare la prova della mancata riconciliazione di Federica col passato (il recupero dell’eterosessualità) e della disperata solitudine di Marina (la casa vuota).
Il problema di Io e lei, però, non sta tanto nella sua narrazione delicata ed intimista nei toni e soprattutto nei mezzi toni, coadiuvata dai bravi Ivan Cotroneo e Francesca Marciano, quanto nelle intenzioni: non convince il bisogno di rivendicare – ovviamente – la normalità di una storia d’amore (omosessuale) e poi sviluppare il tema con un banalissimo adulterio peraltro risolto un po’ superficialmente; non appassiona l’inquadramento della storia in un contesto che più borghese non si può, rischiando di esporre la vita di un mondo benestante, politically correct e perbenista (specialmente il controverso percorso di Federica); non funziona il disegno dei personaggi di contorno, ora sacrificati, ora trascurati, con l’infelice scelta del domestico filippino (più che un omaggio a Il vizietto è una caduta di stile) e l’eccezione dell’ottimo Ennio Fantastichini, ex marito in pieno ugotognazzismo. Restano le belle prove delle due protagoniste: se la grande Margherita Buy dosa con sapienza confusione e distacco, tenerezza e paura, Sabrina Ferilli ha raggiunto una bellissima maturità espressiva che mette in risalto tutta la malinconia della sua recitazione. Più che strizzare l’occhio ad unioni civili et similia, Io e lei ha l’indubbio merito di contribuire alla formazione civile dei suoi spettatori: che forse non necessitavano di un film misurato e sensibilizzante ma di uno più forte ed avvincente.
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