Regia di Giorgio Pasotti, Matteo Bini vedi scheda film
Basta con i fatti degli altri, la "vita in diretta" e i "pomeriggi insieme". Meglio le movenze di Arlecchino e delle altre maschere della commedia dell'arte, con il loro divertimento genuino.
Niente male questo film passato sotto silenzio in Italia, ma che all'estero riempie ancora le sale. Non sarà perfetto, ma ha molto di buono: la trama originale (sfido chiunque ad indovinarla durante il film), i personaggi pure originali, una regia non invadente ma coscienziosa, attori tutti in parte che s'impegnano ciascuno per il suo.
Anche la materia è rispettabile e soprattutto c'è (non in tutti i film c'è...). La pellicola è una critica garbata e accennata, ma non per questo pietosa, verso la televisione italiana per com'è oggi, per come è caduta in basso. Nel mirino dei registi e sceneggiatori sembrano esserci i talk show del pomeriggio (o della sera, a volte), che tutti conoscono, perché se ne sono purtroppo imbattuti per caso e per pochi minuti, o perché li guardano assiduamente: i casi privati delle persone, le questioni personali messe in piazza, la smania degli ospiti perché gli altri gli diano ragione, la spettacolarizzazione del dolore, i sentimenti più intimi gettati in pasto ad un pubblico vorace di fatti degli altri. E poi la retorica, l'enfasi, la falsa commozione in cui tutto ciò viene presentato... Il film ne parla per accenni, ma ne parla efficacemente. Come contraltare alla finzione e ai sentimenti a comando che popolano questa fiera della curiosità morbosa, il film propone il mondo ridanciano ma genuino della vecchia commedia dell'arte, dove le maschere divertivano il pubblico senza troppi artifizi e senza violare l'intimità e la riservatezza delle persone. Forse è una via d'uscita un po' semplicistica, ma pure da non disprezzare.
Qualche difettuccio qua e là, forse qualche carenza di coesione nell'insieme, ma non c'è molto altro da obbiettare ad una pellicola che non pretende di essere un capolavoro, ma che pure supera senza dubbio la soglia della sufficienza. Visto anche il cinismo che affligge molto cinema italiano contemporaneo, rilevo che questo film non ne ha. Anzi, è un'opera che cerca di ricostruire, anziché distruggere.
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