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Io, Arlecchino

Regia di Giorgio Pasotti, Matteo Bini vedi scheda film

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La recensione su Io, Arlecchino

di alan smithee
4 stelle

locandina

Io, Arlecchino (2014): locandina

Certamente “Io, Arlecchino” trasuda la passione propria di un progetto che sta a cuore al suo autore, soprattutto se questi sceglie, da attore noto e piuttosto apprezzato, di esordirvi nel ruolo di co-regista (assieme a Matteo Bini), oltre che di protagonista; un “parto” tanto atteso, piccolo e nato con i migliori sentimenti, che ha pure il nobile ed ambizioso presupposto di rivalutare e riscattare il ruolo di una delle principali maschere popolari della Commedia dell'Arte, il servo furbo e scaltro Arlecchino, che assieme alle altre maschere ebbero il privilegio e la preveggenza di unire prima di ogni tempo storico, fisico e politico, l'Italia di oggi.

La storia di un riavvicinamento, fisico e affettivo, tra un famoso anchorman televisivo in forte ascesa per la prima serata sulla tv nazionale, e il padre sofferente, attore teatrale specializzato nel ruolo di Arlecchino nelle rappresentazioni locali, ha l'intelligenza di evitarci i soliti dissidi padre-figlio, per concentrarsi su altri (fin troppi) aspetti importanti: la tentazione di gestire sopra ogni altra cosa, anche la famiglia e l'affetto, una carriera in irresistibile ascesa; la piattezza quasi pornografica e il vuoto totale di una televisione che generalizza ed annienta, contro un teatro che lotta per sopravvivere assieme ai suoi personaggi, irrimediabilmente retrò e fuori tempo; la riscoperta del borgo, del paesello, della pietra locale che ricopre dimore e antiche magioni della incantevole campagna bergamasca, ancora protesa a difendere le sue antiche riminiscenze e le remote celebrazioni e forme d'arte di un tempo.

Roberto Herlitzka, Giorgio Pasotti

Io, Arlecchino (2014): Roberto Herlitzka, Giorgio Pasotti

Poi però il film non riesce più a tener testa a tutti i pur nobili intenti ed ecco che inciampa, sbanda e crolla in un accumulo di situazioni e buonismo, di zuccherosi episodi nostalgici che rovinano le buone premesse di partenza.

Se il rapporto padre-figlio si dipana nel migliore e meno scontato dei modi possibili, ed Herlitzka trova il modo di dar prova ancora una volta della sua esuberanza scenica, camuffata dai consueti modi gentili e quasi schivi di un attore sempre grande (ma anche Lunetta Savino è bravissima e riesce a recitare in un dialetto non suo con grande disinvoltura: entrambi risultano anzi sin troppo bravi per non fare emergere le lacune di buona parte del resto del cast), a non convincere davvero sono certe edulcorate ostinazioni ed ingenuità che un regista un po' scafato avrebbe certamente (e furbamente) evitato: rivendicare il senso di inferiorità e l'ingiustizia di un personaggio come Arlecchino di essere abbandonato o di risultare buono solo a Carnevale, a differenza di un Amleto shakespeariano sempre di moda, è una battaglia persa, inutile e di cattivo gusto; l'atmosfera di paese, peraltro bellissimo, arroccato nella pietra scura con i suoi campanili secolari e i suoi ruderi affascinanti, è ostentata sino quasi all'imbarazzo, così come la sepoltura del vecchio attore in un mausoleo isolato tra le rovine del paese, risulta una mossa poco credibile e imbarazzante quasi quanto lo show della gallina da parte di uno degli attori “a tempo perso”.

Roberto Herlitzka

Io, Arlecchino (2014): Roberto Herlitzka

Giorgio Pasotti, Lunetta Savino

Io, Arlecchino (2014): Giorgio Pasotti, Lunetta Savino

Inoltre la televisione è brutta, orrenda, quasi tutta inguardabile: lo sappiamo già, e non è proprio il caso di edulcorare il concetto con la figura di un mellifluo e volgarissimo produttore tentacolare, né tanto meno risulta accettabile la storiella d'amore in stile cornetto “cuore di panna” tra la bella e candida maestrina del paesello ed il rampante divo in cerca di disintossicazione sul sentiero paterno, di cui è pieno d'orme l'intera vallata.

Il finale “televisivo” a sorpresa poi, con l'istrionico anchorman alle prese con un “one-man-show” che viene dal cuore e dalla tradizione di famiglia, oltre a confutare una volta per tutte quanto siano orrendi i programmi di intrattenimento sul piccolo schermo, dimostra che, anche con le migliori intenzioni, non solo in quel contesto un Arlecchino, e la cultura in generale non riesce a salvare, o riabilitare l'irrimediabile, ma anche che nemmeno una tragedia shakespeariana riuscirebbe a cancellare le tracce di tanta vuota volgarità e pochezza di cui si è resa responsabile da decenni una macchina televisiva ormai senza più freni né pudori.

Insomma ottimi spunti, buone e lodevoli intenzioni, interessanti ed amene locations, per un film ancora acerbo, ma che magari può essere l'inizio di una svolta per l'attore volonteroso e pure positivamente ambizioso e non senza coraggio.

 

 

 

 

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