Regia di Alejandro Amenábar vedi scheda film
Minnesota, anni 90. Un uomo, alla centrale di polizia, dopo essere stato messo alle strette confessa di avere abusato della figlia minorenne in un contesto che richiama un rito satanico. Poi però dimostra di non ricordarsi assolutamente nulla dell’accaduto. Già in partenza, un bel cortocircuito (come puoi confessare qualcosa che non ricordi?). Sulla faccenda vuole vederci chiaro il detective Ethan Hawke, per il quale l’indagine diventa un’ossessione. Regression è un thriller con intenti metafisici e horror, più psicologico che fisico (nel senso di sanguinario), secondo lo stile del regista Alejandro Amenábar che dai tempi del suo notevole esordio (Tesis, 1996) ama lavorare di sottrazione rispetto alle situazioni topiche del genere. Qui, però, il gioco è troppo manifesto. Il poliziotto finisce presto per assomigliare al Jack Nicholson di La promessa (2001), dati i connotati psicotici della sua indagine, e i colpi di scena più evocati che altro smorzano una tensione che dovrebbe essere materia prima in un film simile. Un po’ confuse anche le figure secondarie, a partire dallo psichiatra David Thewlis che potrebbe riportare le coordinate sovrannaturali su binari scientifici (la “regressione” del titolo) ma al quale si sono scordati di scrivere una parte convincente. Resta la prova nervosa e sentita di Ethan Hawke, che però continuando a scegliere film sbagliati si fa del male.
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