Regia di Alejandro Amenábar vedi scheda film
C'era grande attesa per questo thriller che, in qualche modo, se vogliamo rassicurante, segna il ritorno di Alejandro Amenabar nei territori che lo hanno reso un grande e stimato regista, ossessionato indagatore degli inganni labirintici e delle illusioni ossessive che produce una mente umana sottoposta a traumi e shock inaccettabili; ritroviamo pertanto i territori familiari al cineasta, dopo una parentesi storica originale, ma forse un pò troppo didascalica e teorica, dedicata alla figura anticonvenzionale, moderna ed anticipatrice della astrologa, matematica e filosofa greca Ipazia.
Con Regression dunque torniamo nei meandri bui della mente che tanto piacciono al regista e a chi lo ama dagli esordi, alle atmosfere cupe rese alla perfezione dal contorno di una periferia americana del Minnesota che pare perfetta per rappresentare le fosche e malsane situazioni da incubo quotidiano: ecco la perfetta ambientazione su cui costruire l'ossessione di un indagine, quella che affligge da tempo il detective Bruce Kenner (Ethan Hawke), fermamente convinto che la giovane Angela Gray (Emma Watson) sia la vittima inconsapevole di misteriosi riti satanici perpetrati tra la popolazione che vive in quelle desolate periferie contadine ormai allo stato di abbandono.
Quando la ragazza sostiene di aver subito ripetuti abusi sessuali dal padre, e questi si schernisce asserendo di non ricordare nulla di ciò, ma nemmeno negando l'atroce innaturale eventualità dell'inqualificabile azione, ecco le basi per una svolta che potrebbe definitivamente dare risposte ad una indagine arenata per mancanza di indizi e a causa di troppe reticenze da parte di chi sa anche solo in parte la verità.
La decisione di avvalersi della tecnica estrosa e piuttosto avveniristica da parte di un bizzarro psicologo (David Thewlis), creerà suggestioni e l'illusione di percorrere finalmente la via giusta verso la chiarezza e la verità.
Le atmosfere aiutano, certo, ed il film le utilizza saggiamente a più riprese: peccato che la storia si aggrappi invano su indizi e stratagemmi narrativi davvero troppo incosistenti, guidando lo spettatore, incerto e annaspante, verso sentieri tortuosi in cui viene ingannato verso soluzioni che sono tutte dei bluff, espedienti narrativi che giocano maldestramente sulla possibilità di perversioni o deviazioni morbose ipotetiche, che alla fine si rivelano null'altro che soluzioni troppo deboli, troppo macchinose, troppo finte o furbe per costituire il nerbo di un thriller che affonda molto presto nell'inconsistenza delle proprie basi.
Sono lontanissimi i tempi di The Others, pure lui furbino e calcolatissimo, ma affascinante, trascinante, forte nella sua storia perversa e labirintica come è talvolta il percorso della follia umana, o come almeno ci piace pensare che esso possa essere.
Qui invece appare tutto molto sciatto, e anche gli attori coinvolti, altrove spesso bravi e convincenti, sembrano in qualche modo rassegnati ad obbedire alla propria parte senza credervi molto...o proprio per nulla.
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