Regia di Guillermo Arriaga, Hector Babenco, Alex de la Iglesia, Bahman Ghobadi, Amos Gitai, Emir Kusturica, Mira Nair, Hideo Nakata, Warwick Thornton vedi scheda film
L’idea di Guillermo Arriaga, l’apporto di Mario Varga Llosa in veste di curatore del progetto, la musica di Peter Gabriel, ma soprattutto la parata di autori glocal, che affrontano il tema della spiritualità. Griffato e ambizioso, Worth with Gods è un’opera collettiva in nove episodi inevitabilmente diseguale. Un viaggio intorno al mondo delle fedi (e della mancanza di fede) che si segnala per scivoloni plateali (Mira Nair) e intuizioni geniali (Bahman Ghobadi), per Emir Kusturica che fa il penitente ortodosso e per un piano sequenza di Amos Gitai sulla lettura del Libro di Amos. La confezione è elegante (vedi le animazioni grafiche), ma il risultato è pretenzioso e alla fine un po’ vacuo: vedere per (non) credere l’episodio ateo che chiude il film, quello in cui Arriaga mette in scena il suicidio di Dio. Molto meglio, allora, nella sua semplicità, il racconto paradossale di Álex de la Iglesia, in cui un killer viene scambiato per un prete e si ritrova invischiato in un faccia a faccia con Lui in persona. Scivolano via l’episodio aborigeno australiano di Warwick Thornton, l’umbanda brasiliana di Hector Babenco, così come Hideo Nakata che rievoca lo tsunami del 2011 in salsa buddhista. Per fortuna c’è Ghobadi (segmento dedicato all’islam), visionario e irriverente, con la sua storia di due gemelli siamesi combattuti tra fede e disincanto, voglia di pregare e voglia di godere.
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