Regia di George C. Wolfe vedi scheda film
Un mistero e una certezza. Il mistero si chiama Emmy Rossum, ovvero la sua carriera: un gran bel talento che il Cinema non sa - non ha saputo (ancora?) - sfruttare. Lo ha fatto il piccolo schermo, con quel gioiello (sconcio) di Shameless, durante la quale è cresciuta come interprete.
La certezza riguarda invece la capacità degli americani di confezionare un perfetto lacrima-movie: You're Not You (titolo banalizzato nell'italica traduzione con Qualcosa di buono) assolve pienamente alla sacra funzione.
Da provetti contabili delle emozioni, produttori (tra i quali la "burtoniana" della prima ora Denise Di Novi e la stessa co-protagonista, Hilary Swank), autori (Jordan Roberts e la Shana Feste di Country Strong e Gli ostacoli del cuore) e regista (George C. Wolfe, attivo perlopiù a Broadway) mettono a bilancio dramma da malattia terminale, commedia dolceamara, percorso di crescita, amicizia, morale.
Racconto che mette a confronto - facendoli scontrare per poi dare atto all'attesissima, finale evoluzione in senso "formativo", educativo - due mondi/caratteri/linguaggi all'opposto: miss perfettina vs. superincasinata. Assunto che più schematico non si può, e che si sviluppa in maniera altrettanto didascalica: per giungere alla meta (crescita e rispetto reciproci, maturazione, accettazione di sé) lo "stranissimo" rapporto prevede ovvie toccate e fughe nelle zone "rivali".
L'una, Kate (Swank) - la ex dotata pianista, agiata, educata, sofisticata, a cui è stata diagnosticata la SLA - maledice il proprio marito (altrettanto apparentemente perfetto) per l'adulterio e rimpiange la scelta, fuma erba, si mette a dire parolacce, diserta gli incontri con le (ex) fintissime amiche; l'altra, Bec (Rossum) - stracciona dai modi rozzi, allergica a relazioni che non siano più di una botta e via, cantautrice in erba in perenne panico da palcoscenico - apprende le arti culinarie, si prende cura di un'altra persona imparando di conseguenza a prendersi cura di sé, si mette un paio di Manolo ai piedi, e finalmente (sui titoli di coda) imbraccia il microfono e dà fiato all'ugola (attività, peraltro, nella quale Emmy sa farsi valere alla grande).
La studiatissima alternanza di scene madri, piccoli momenti del tragico quotidiano (sappiamo che bestie siano le malattie degenerative), intermezzi comici (battuta folgorante: uno spasimante di Bec, travolto ed estasiato dalla sua furia sessuale, le dice nel bel mezzo dell'atto: «Mi sembra di fare sesso con un quadro di Jackson Pollock!»), situazioni commoventi, comparsate ad hoc (la madre frivola della malata, quella ipercritica di colei che l'assiste) è convenzionale - oltre che derivativa, già vista - quanto efficace. E non priva di alcuni buoni spunti (su tutti, il duetto al piano: mani e dita che s'intrecciano, per un'ultima suonata della vita).
Ma il film, nel suo complesso, è troppo canonico e prevedibile, e non ha nulla di nuovo da dire sull'argomento (troppi i precedenti, l'ultimo in ordine di tempo è, inevitabilmente, il campione d'incassi Quasi amici), sorretto sulle spalle - e sui volti, sugli occhi - delle due bravissime protagoniste (il terzo nome in cartellone, Josh Duhamel, è palesemente inadeguato). Hillary Swank è evidentemente in cerca del grande ruolo che la rilanci (per l'ennesima volta) nel firmamento hollywoodiano: si nota e si apprezza l'impegno, sarà comunque per una prossima volta (You're Not You ha avuto un'uscita limitata nelle sale, e sostanzialmente passato inosservato).
Emmy Rossum dà vita a un personaggio soltanto in apparenza e in alcune caratteristiche generiche simile alla Fiona Gallagher di Shameless: Bec ha una maturazione, un compimento, che la problematica, instabile Fiona non ha ancora avuto né, probabilmente, avrà mai, non in questi termini (il che rende senz'altro più autentico come personaggio, la "responsabile" di Casa Gallagher). Performance ricca di sfumature, e sempre credibile: avrebbe meritato ben altra opera.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta