Regia di William Brent Bell vedi scheda film
Certo, dopo The Devil Inside di William Brent Bell Wer (La metamorfosi del male in italiano, giusto per non confonderlo con La stirpe del male, Le origini del male e Liberaci dal male) può sembrare addirittura un bel film, minimamente sceneggiato, con una piccola idea da offrire, e quella dilettantesca capacità di ibridare thriller e horror molto poco funzionata in altri esperimenti recenti (non che Wer smentisca l'andazzo generale). La razionalità del sistema medico-giurisdizionale francese viene sconquassata dallo sterminio di una famigliola da parte di una strana creatura sicuramente non umana, ma che le indagini sembrano identificare proprio in un uomo, Talan, alto più di due metri e pieno di peli in corpo. L'avvocatessa Kate Moore (una di quelle eroine odiose e inconsistenti cui comunque siamo abituati nelle pellicole più mainstream) ne prende le difese. Molte saranno le cose su cui dovrà ricredersi.
E adesso, non che tutte le pieghe che prende la trama siano prevedibili, ma certo non riescono a rendere Wer minimamente interessante, a dimostrare che i twist sono anche capaci di non coinvolgere. William Brent Bell decide di evitare il found footage, ma la cosa più strana è che in ogni sequenza ci sentiamo dentro proprio uno di quei mockumentary in cui (qui più che in altri film) le telecamere amatoriali si trovano nei posti più inverosimili. Ci vogliono invero un bel po' di istanti per capire che quella di Brent Bell è una regia "tradizionale" da macchina da presa a spalla (sensazione analoga si riscontrava pure nel recente The Chernobyl Diaries), al ché viene spontaneo dire che la regia del suddetto "regista" è forse la più sciatta che genere horror "da cinema" abbia mostrato di recente ("da cinema" perché purtroppo nei circuiti indipendenti di autori peggiori ce ne sono eccome, così come registi migliori). Inquadrature ad muzzum che cercano di creare un poco di tensione, senza provocare il benché minimo jump scare neanche per sbaglio. Personaggi che fanno acqua da tutte le parti, con avvocati difensori che si mettono alla caccia di informazioni su un tipo che sembra proprio non avere tutte le rotelle a posto per poi fissarsi su di esso, cacciarsi in guai sempre più assurdi per il gusto della giustizia e finire com'è giusto che finiscano (anche meno male di quanto avremmo sperato). Una trama che è una brodaglia un po' satura di stereotipi che cerca di ravvivare la figura del licantropo (ma la spiegazione è un gran pezzo di trash: "c'entra con la luna piena, come quando c'è l'alta marea..il nostro corpo è fatto infatti almeno dal 60% di acqua, no?", meriterebbe un applauso) ma che finisce incartata nei suoi stessi tentativi ingenui e che fanno puzza di poca esperienza e grande qualunquismo lontani un miglio. E una regia, manco a dirlo, che farebbe quasi rimpiangere i mockumentary (che potenzialmente avrebbero anche molti più motivi di interesse, per quello cui aspirano nei migliori dei casi), se non fosse che The Devil Inside è probabilmente l'horror più brutto degli ultimi anni.
Tutte queste chicche, questo finale che vorrebbe essere beffardo se non fosse quasi un Twilight dei poveri (ed è quanto dire), quest'immondezzaio di cinema brutto e insignificante, rimovibile dalla memoria con la facilità del gesto di una mano, lo dobbiamo solo al mitico William Brent Bell, e a chi gli dà ancora i soldi per tenere in mano una telecamera.
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