Regia di Wes Ball vedi scheda film
Il regista (astuto) vola basso, non esagera. Sa bene che il labirinto, specie se di dimensioni ciclopiche e foderato di edere selvagge, esercita il suo fascino magnetico, da solo, senza bisogno di ricamarci sopra!
Da quello di Cnosso col Minotauro a quello del principe Jareth/Bowie, passando da quello tetro del fauno di Del Toro, il labirinto ha sempre fatto parte dell'immaginario umano: un po' simbolo di una dimensione interiore dell'Uomo e un po' di un percorso, una prova da superare, una prova di cui non si conoscono le variabili, ignota come il futuro e per questo spaventosa.
Anche in Maze Runner il labirinto non cessa di essere fonte di tensione e trappola da cui evadere, al prezzo di perdersi, al prezzo di imbattersi nei mostri che lo popolano, di scoprire un'angosciante verità. Avvertiamo quest'ansia durante tutto il film, è il tipo di inquietudine che ci inchioda allo schermo, senza sproloqui, senza discorsi sui massimi sistemi, solo mura titaniche dotate di volontà propria che si spostano incuranti dei piccoli abitanti che cercano di evadere. La regia è discreta, prudente ma senza falle, pulita e genuina, un meccanismo semplice ma ben oliato e quindi di grand'effetto.
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