Regia di Maya Forbes vedi scheda film
Il titolo originale, Infinitely Polar Bear, nasce dalla storpiatura che la piccola Faith fa della malattia del padre: Cam Forbes non è evidentemente un orso polare, bensì soffre di disturbo bipolare e di sindrome maniacodepressiva. S’innamora e sposa Maggie in un periodo - gli anni 70 - in cui il mondo intero sembra teneramente folle, ma qualche anno dopo, con due figlie cresciutelle e l’insistente necessità di un po’ di sicurezza borghese, perde completamente il controllo; ciononostante, Maggie gli affida, tra testardaggine e incoscienza, le bambine, mentre cerca di ottenere un master in business a New York per mantenere la famiglia. L’ispirazione dichiaratamente autobiografica dell’esordiente Maya Forbes (che sceglie anche sua figlia Imogene Wolodarsky per interpretare la primogenita Amelia, ovvero se stessa) contagia lo stile di questo dramma familiare dolceamaro: inserti apparentemente girati in Super 8 e una generale atmosfera da home movie sono la cifra principale di una narrazione che procede leggera per aneddoti ed episodi più o meno cruciali, senza premere mai sull’acceleratore del tragico, ma anzi costruendo una quotidianità perfino buffa. Affogato nella luce dorata della nostalgia (per l’infanzia e per il periodo storico d’ambientazione), il film vive soprattutto nell’intensa performance di Mark Ruffalo: credibile ma mai sopra le righe, mai davvero folle ma indubbiamente tenero.
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