Regia di Howard Hawks vedi scheda film
“Il fiume rosso” è il film dei “ma”. È un Western, un grande western, ma è atipico (per le tematiche inusuali). Il protagonista è l’inossidabile John Wayne, ma stavolta ha un ottimo antagonista (il nuovo che avanza Montgomery Clift). C’è grande densità nella storia, ma gli equilibri sono spostati rispetto al baricentro classico (al topos della lotta agli indiani si sostituisce una lotta intestina al gruppo). E già, perché si parla di gruppo, un gruppo di mandriani, tra cui Tom Dunson (Wayne), Mattew Garth (Clift) e Nadine Groot (Walter Brennan), che insieme riescono a far lievitare il numero di animali di proprietà, da pochi elementi ad una mandria sterminata. Quando la leadership di Tom Dunson diventa insostenibile, il figlioccio Mattew diviene intransigente, al punto da arrivare all’epico scontro col padre-padrone. Un film di rottura, con cui Howard Hawks si rivela al genere western (dopo l’ibrido “La costa dei barbari”) con un intervento a gamba tesa rispetto a quanto visto prima, ai fondamenti di Porter, ai dettami di Ford.
Forse è grazie a Hawks ed al suo modo di intendere la frontiera, che il genere si rinnovò, dando modo ad autori come Peckimpah o Leone di effettuare poderose sterzate e personalismi fino ad allora non ipotizzabili in un genere piuttosto inquadrato (per non dire stereotipato). Film dal grande valore simbolico, girato egregiamente ed interpretato in maniera splendida (nonostante i due protagonisti fossero delle “seconde scelte” da quel che raccontano gli autori (dovevano esserci Gary Cooper e Richard Burton al loro posto…). Memorabili alcune scene, come la scazzottata tra i due protagonisti, il ceffone della bella di turno (Joanne Dru) a Clift (colpevole di averla guardata come si fa con una prostituta) e la traversata della mandria del fiume rosso, attraversamento più simbolico che fisico.
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