Regia di Fabio Grassadonia, Antonio Piazza vedi scheda film
Un agguato feroce e sanguinoso come tanti a Palermo o giù di li. Solo che questa volta le vittime (moralmente alla stessa stregua degli aggressori) non sono impreparate e reagendo hanno la meglio sugli antagonisti, che vengono presto eliminati senza pietà una volta fatti i nomi dei mandanti.
Salvo si reca subito, col corpo ancora caldo delle sue vittime stese a terra poco prima, a caccia del suo persecutore. E' così che il suo destino si incrocia con quello di Rita, sorella cieca del mandante. Un incontro/scontro che in un certo senso li unirà per sempre, che darà vita ad un miracolo generato molto probabilmente dalla forza dell'amore, dalla vitalità di un sentimento che restituisce umanità persino al killer più spietato. Salvo è un esordio che neppure sembra tale, tanto è pieno di momenti eccezionali di cinema: uno su tutti la lunga scena dell'incontro silenzioso dei due protagoinisti: il terrore cieco di Rita che si accorge di non esser più sola, il panico sul suo volto, la sua bocca che si modifica in una smorfia di angoscia, i suoi occhi ciechi che sono il riflesso del terrore. La lagnosa cantilena dei Modà che si avvolge su se stessa quando la ragazza la canta in preda al terrore per farsi coraggio e per cercare di persuadere lo sconosciuto che non si è accorta dell'intrusione. Momenti di alta suspence e di tensione tipiche d'un cinema d'autore d'altri tempi.
Due corpi che si studiano nell'oscurità, quella reale di stanze buie che si unisce a quella fisiologica della ragazza non vedente. Fino a che quella mano maschile dura ed impietosa, che generalmente cinge il viso della vittima per suggellare l'ultimo attimo di vita, viene qui ad assumere una funzione inconsapevolmente messianica e dagli effetti non deliberatamente miracolosi . Una scena magistrale lunga un quarto d'ora e più che è una lezione di cinema e che sembra il frutto di un'esperienza pluriennale nella regia. Un'opera straordinaria giustamente premiata (a sorpresa) a Cannes e ora venduta ovunque, che speriamo sia solo l'inizio di una carriera lunga e prospera da parte di due giovani autori che ci rendono davvero fieri delle risorse e possibilità creative del nostro cinema sorprendente e disorganizzato.
Merito della riuscita dell'opera, un thriller pulp che ci riserva un finale meraviglioso e lasciato all'intuizione dello spettatore, è anche dovuto a due interpreti straordinari, l'esordiente Sara Serraiocco e il già (ben) noto Saleh Bakri dagli occhi ferini e di ghiaccio: il Guy Pierce palestinese che ricordo specialmente nel bellissimo e struggente "La banda" e nell'ultimo notevole Suleiman "Il tempo che ci rimane".
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