Regia di Luigi Di Gianni vedi scheda film
raccoglitrici di olive in calabria. è vero che chi ha visto qualcosa di di gianni in tv, grazie ovviamente a fuori orario, sa che non si deve o non si può trovare di fronte ad un elegiaco propagandistico quanto fasullo documentario sulla gioia delle donne giovani o anziane che raccolgono felici olive letteralmente piegate su se stesse, però non so il perchè, ma il titolo mi spingeva a vederne il lato gioioso. di gianni ci introduce a queste donne facendocele conoscere in un ospedale allettate o invalide per malattie professionali, malattia non riconosciuta se non raggiungono i 51 giorni di lavoro continuativo. cosa non facile e scontata. ciò nonostante queste donne riprese e inquadrate dalla telecamera del regista hanno sempre o quasi un sorriso ingenuo e di sincero imbarazzo nonostante la vita dura di donna lavoratrice e di donna di casa le ponga in condizione di sobbarcarsi il peso della conduzione famigliare, dal momento che gli uomini sono andati a cercare lavoro in belgio o in germania e in alcuni casi si siano fatti un'altra vita laggiù, causando le cosiddette vedove bianche. vite non facili, in cui di gianni rintraccia qualcosa di sacrale per esempio nel modo in cui viene conservato il libretto della pensione dalle donne in coda, racchiuso come una reliquia in un fazzoletto bianco di cotone o di lino. il tempo della raccolta, rito periodico che scandisce le stagioni, diventa un affare gestito dai caporali che in abito scuro passano in rassegna le donne senza nessuna tutela o garanzia di essere "assunte". quindi tutta la poesia antropoligica che il titolo evoca, assume connotazioni di puro sfruttamento lavorativo, dove sono solo le olive a ricevere le attenzioni dovute, mentre le raccoglitrici sono meri strumenti pronti alla sostituzione.
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