Regia di Alessandro Genovesi vedi scheda film
Fabio De Luigi va piano ma non troppo sano su una macchina elettrica alle pendici del Monte Rosa. Sulla vetta lo aspetta la mogliettina Cristiana Capotondi, in dolce attesa e nevrotica dipendenza da dolci. Ha poco di zuccherino Laura Chiatti, l’amica d’infanzia anche lei con la pancia (ma è frutto di inseminazione artificiale). Il castello dove sono ospitati appartiene a Diego Abatantuono. Miracolato (lo davano per spacciato) e quindi generoso, sta per elargire una promozione ad Antonio Catania, papà della Capotondi angustiato dalle calamità causate dal genero. La politica degli incidenti sotto le Feste è il piatto tipico, speravamo che De Luigi con la sua disgraziata umanità ci facesse un regalo. Invece ammazza una cocorita e scambia la dispensa per la toilette. Era al buio, come il film nella sua quasi interezza. Procede per accumulo ma non scala mai il monte del già visto, Il peggior Natale della mia vita, che non è peggio della Settimana precedente, ma attinge (per abitudine?) al cinepanettone senza averne l’audace indecenza. E neppure Ale e Franz, pallidi impiegati delle pompe funebri (ma uno si definisce «visagista» dei defunti) possono colorare questo Natale rituale, abbarbicato alle decorazioni iperboliche che Abatantuono dissemina dentro casa e sul vialetto. Esorcizzare la ripetizione farcendola come un tacchino è possibile, ma anche De Luigi, qui, è discretamente automatico. Stranito e rassicurante.
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