Regia di Leonardo Di Costanzo vedi scheda film
L'intervallo è un film di comprensione impegnativa, perché è interamente parlato in dialetto napoletano. La sua difficoltà di comprensione in questo senso, comunque, è tutta esteriore, essendo invece chiarissimo il senso dell'opera nel suo complesso. Un po' come Gomorra di Garrone, insomma.
L'intervallo è quella pausa di umanità e in parte anche di magia che va ad interrompere una realtà che è sempre sopraffazione e squallore e davanti alla quale non si può che piegare la testa. Gli itinerari di Salvatore e Veronica all'interno della struttura abbandonata dove si consuma la giornata di prigionia della ragazzina ha un qualcosa di favoloso, quasi di ariostesco, ma anche di arcano, con quelle stanze invase dall'acqua che, volutamente o meno, rimandano quasi al Tarkovskij di Stalker. Poi arriva la sera con l'inevitabile resa dei conti, con il giovane e mellifluo (ma assai minaccioso) boss del quartiere, che per qualche tratto ricorda la figura di Raffaele Cutolo (l'attore è Carmine Paternoster, lo stesso che interpretava Roberto in Gomorra).
Di Costanzo ha la capacità di fare grande una piccola storia, inondando di sprazzi di umanità una realtà che ne appare ormai priva.
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