Regia di Orson Welles vedi scheda film
L'ira ingelosita del Moro,raccontata con indimenticabile forza dal Bardo,visto che da secoli è divenuta proverbiale e citatissima,fu portata sullo schermo anche da Orson Welles,con una pellicola,come spesso capitava al genio di "Quarto potere",portata avanti con difficoltà somme,a partire dalle complicazioni economiche,e agli scontri con produttori e case cinematografiche.Welles dirige e interpreta una versione visivamente forte,a tratti barocca,della crudele tortura psicologica dell'infame Iago,qui forse più che in altre occasioni screziata dell'attrazione del servitore per il condottiero:tra luci ed ombre,più facilmente nelle seconde,è svolta la tragedia che vedrà soccombere una donna colpevole solo di esser bella,l'esser ricacciato via dallo status conquistato per Otello,nero e anomalia nelle stanze del Potere,i conflitti interni anche tra vincitori e conquistatori,dopo aver raggiunto un obiettivo.Il grande Orson ha frequentato Shakespeare in altri frangenti,e,truccato da Moro di Venezia,aggiunge enfasi al pathos di un dramma senza tempo,gira tra Italia e Marocco il "suo" Otello,una lavorazione accidentata lunga tre anni e vincitrice,poi,proprio a Venezia del massimo premio,pur se condiviso.La scena vibra,alcune accelerazioni sono avanguardia pura,e la regia procede a tratti maestosa,altre tenendo conto del passo necessario per raccontare una storia conosciutissima,dalla quale non si può evadere più di tanto:i dialoghi tra un Otello afflitto ed uno Iago indisponente e altezzoso fanno il paio con quelli tra lo stesso Otello dispotico e una Desdemona smarrita.Un'opera ancora giovane,sebbene siano passati sessant'anni dalla sua realizzazione,una lettura moderna ma ancorata al classico,senza tempo in mezzo.
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