Regia di Jan Svankmajer vedi scheda film
Specchiarsi nell’altro per mostrarsi mutevole ed incompleto. In questo videoclip musicale, realizzato da Jan Svankmajer per la canzone Another Kind of Love del cantautore inglese Hugh Cornwell, a fronteggiarsi sono una figura maschile (quella dell’artista) ed una femminile: entrambi appaiono composti di una sostanza malleabile, che può comparire dal nulla, crescere, cambiare aspetto, fondersi col resto del mondo. Come in altri cortometraggi, primo fra tutti Dimensions of Dialogue, il rapporto umano si esprime attraverso l’atto di guardarsi, per assistere alle reciproche trasformazioni: sono queste, a seconda del loro andamento, a determinare la compatibilità degli individui, la loro capacità di pervenire ad un’unione (come due pezzi che si incastrano) oppure, al contrario, l’impossibilità di cooperare (come due oggetti che non fanno coppia). L’ambientazione è, come sempre, chiusa e scarna, costituita da una piccola stanza con pochissimi arredi, in cui l’attenzione dello spettatore è chiamata a concentrarsi unicamente sul dinamismo polimorfico dei personaggi: questi esprimono il loro essere vivi diventando altri (l’uomo che assume i connotati di un animale, la donna che emette pallottole di carta dalla sommità della testa) e non arrendendosi mai. Per loro non esiste, infatti, una situazione definitiva, una condizione che segni il punto di arrivo, la soddisfazione per un traguardo raggiunto. Partecipare senza sosta al continuo flusso delle metamorfosi è una necessità vitale, ma anche e soprattutto un dovere morale: si tratta di sottomettersi volontariamente ad un compito difficile, come si intuisce dalla fatica e dalla sofferenza che certe innaturali mutazioni fisiche sembrano dover comportare. Cambiare, rinunciando ad una parte di sé, è, d’altronde, l’essenza di ogni sacrificio. Anche quello dell’amore istintuale e selvaggio che viene cantato in questo brano.
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