Regia di Matteo Rovere vedi scheda film
Un passo avanti inevitabile per il regista Matteo Rovere dopo lo sciagurato “Un gioco da ragazze”, uno tra i film italiani più brutti degli ultimi anni per chi scrive, ma rimane pur sempre un prodotto poco convincente che cerca anche con un certo impegno di creare un’atmosfera che si possa elevare al di sopra del cinema più banale, ma che non riesce a trovare un equilibrio soddisfacente.
Metè (Andrea Bosca) non vive bene le prossime nuove nozze del padre (Massimo Popolizio), tanto più non ha nessuna intenzione di trascorrere del tempo con quella che diventerà a breve la sua nuova sorella (Miriam Giovanelli), ma quando se la ritrova in casa non può che fare buon viso a cattivo gioco.
Tra i due col tempo, e tra varie vicissitudini, succederà qualcosa che Metè non avrebbe mai potuto immaginare.
Difficile narrare una storia del genere, già di suo non facile da decifrare (rappresentare gli “sfiorati” dalla vita), tanto più se il regista deputato a questo compito non può certo definirsi esperto nello scavare in quelle che sono le sensazioni interiori (tanto più se i personaggi sono di un certo tipo).
Così si assiste ad una pellicola piena di vuoti, alcuni voluti ed altri francamente difficili da comprendere, con un’inevitabile discontinuità che vede passare da scene “simpatiche”, ad altre anche ben riprese, ma soprattutto a tante altre che lasciano davvero poco da portarsi con se fino alla fine del film.
Pare così eccessivamente dilatato, arrivando al punto cruciale senza forza e con una costruzione psicologica non proprio all’avanguardia, quando poi subito dopo (le grazie della Giovanelli) ritroviamo l’allegra (nuova) famigliola riunita in auto cantare “Più bella cosa” (e sottolineo che nemmeno ho qualcosa contro Eros Ramazzotti) cascano davvero le braccia.
Un film dunque irrisolto che ci prova, ma senza riuscire a trovare una quadra pur non mancando di qualche scena felice (anche se ciò avviene quasi sempre in maniera “a se stante”), che spreca un cast che prometteva meglio (ad esempio, Michele Riondino solitamente lo troviamo in scenari più interessanti), soprattutto sbiadendo, e non poco, laddove c’era bisogno di una svolta decisa.
Zoppo.
Rispetto al suo sciagurato film precedente alza di parecchio il tiro, ma non trova una quadratura pienamente riuscita, proponendo qualche discreta sequenza, ma anche toccando punti vertiginosamente bassi.
Non sarebbe un personaggio facile, ma il film non lo aiuta di certo a trovare la giusta profondità, oltre al senso di spaesamento crescente.
Ad ogni modo rimane un passo indietro rispetto ad alcune sue prove precedenti come "Si può fare" e "Febbre da fieno".
Provocante nella sua spigliatezza giovanile.
Aggiungere dell'altro mi risulta difficile.
Nel ruolo del classico uomo maturo pieno di problemi, già visto tante volte anche con lui come interprete.
Sufficiente.
Nei panni della schizzofrenica supervamp, ruolo che le si addice nonostante la deriva scult sia dietro l'angolo.
Partecipazione simpatica all'interno dell'irritazione che il suo personaggio provoca.
Un pò il guastafeste di turno, lui lontano dai suoi ruoli migliori per quanto lo spirito di partecipazione non gli manchi.
Presenza non del tutto trascurabile nei pochi minuti in cui compare, peccato che nel finale venga distrutto tutto con una sfrontatezza irreparabile.
Interpreta la futura moglie del padre del protagonista.
Partecipazione speciale che quasi nulla aggiunge al resto.
Abbastanza svalvolata con allegria.
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