Regia di Jeff Nichols vedi scheda film
Cosa si può chiedere di più ad un film che incastra il Lynch che produce Herzog con il Cormac Mccarthy più apocalittico, senza dimenticare di spruzzare la lezione di Hitchock su una realtà operaia del nord est americano. Nelle due ore il regista riesce a far coesistere tutto questo cinema senza rinunciare a nulla. Il film può strizzare l'occhio al cinema catastrofico e al cinema autoriale mantendo l'equilibrio dell'uomo che conosce la postmodernità che deve far coesistere lo spettacolo con i drammi privati. La vita dell'operaio di Cleveland è impegnata nella concretezza delle giornate lavorative, con i problemi economici da affrontare sempre, una moglie che si divide tra lavoretti casalinghi e la loro figlia sordomuta da accudire e curare. La normalità di una vita borghese sarebbe un obiettivo difficile d raggiungere già se filasse tutto liscio, se non ci fossero gli incubi. La vita di Curtis perde la luce, diventa un continuo grigio dove il sonno e la veglia perdono i confini. Gli incubi notturni prolungano la loro angoscia sul povero operaio, che perde il lavoro e la stima di concittadini e colleghi, la ricerca di un rifugio sicuro da tutto diventa la priorità assoluta di un uomo che vuole difendere la sua famiglia. I segni premonitori della tempesta si manifestano solo per Curtis, gli altri non li possono percepire isolandolo come un malato da curare. Una madre malata di mente rende facile il pregiudizio verso il figlio. il finale non si può raccontare, per un film che va visto come un piccolo gioiello di cinema dove l'umoralità atmosferica si trasferisce nel corpo degli attori, dove la volontà di vivere una vita tranquilla non può essere sempre una cosa realizzabile.
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