Regia di Jean-Pierre Jeunet vedi scheda film
Bazil ha un conto aperto con le armi: quando era bambino una mina antiuomo gli ha ammazzato il padre, mentre oggi, passati trent'anni, un proiettile vagante gli s'è conficcato in fronte, mettendo in serio pericolo la sua stessa vita. Estrarlo riducendolo un vegetale o lasciarglielo in testa rischiando che stramazzi al suolo in qualsiasi momento? Tirata la monetina, il chirurgo sceglie la seconda opzione.
Persi in poco tempo anche la casa ed il lavoro, Bazil si ritrova costretto ad arrangiarsi, ad inventarsi mimo e a mendicare. Ma la vita da clochard solitario dura poco: presto, infatti, fa la conoscenza di uno strampalato gruppo di straccivendoli che lo accoglie a braccia aperte nella propria catapecchia. Sono Placard, ex galeotto graziato da una ghigliottina inceppata, Petit Pierre, artista del riciclo, ingegnoso assemblatore di materiali di recupero, Calculette, ragazza dotata di prodigiose capacità di osservazione analisi e calcolo, Remington, ex etnografo che si esprime per frasi fatte e modi di dire posticci, Fracasse, novello uomo cannone costantemente alla ricerca di nuovi record da battere, la Môme Caoutchouc, contorsionista con l'abitudine di riposare nel frigo, e Tambouille, la padrona di casa, che ha deciso di adottare questa banda di svitati dopo aver perso le sue due figlie in un labirinto di specchi durante una fiera. Capitato per caso davanti alle sedi di due fabbriche di armi, Bazil riconosce in esse le responsabili delle sue disgrazie: decide quindi che è giunto il momento di chiudere quel conto, e per farlo chiede ed ottiene l'aiuto convinto dell'intero gruppo dei nuovi amici.
Dopo una manciata di pellicole dall'impianto narrativo più riflessivo e pacato, Jean-Pierre Jeunet torna all'origine, ai ritmi indiavolati, al grottesco, alle visione contorte e ai flash irresistibili del suo strepitoso esordio Delicatessen (girato nel 1991 con Marc Caro), firmando un altro film imperdibile.
Micmacs à tire-larigot è divertimento allo stato puro, è un caleidoscopio di colori caldi brillanti e intensi, è una corsa a perdifiato, è l'esecuzione impeccabile di un'orchestra di pazzi, è disordine organizzato, è testimonianza chiara e incontestabile della forza devastante della fantasia. Nulla in Micmacs à tire-larigot è lasciato al caso, nulla è superfluo, ogni singolo elemento è lì per lasciare il segno. Il film di Jeunet è un condensato di idee irresistibili, uno spettacolo pirotecnico, un'esplosione di immagini, un delirio anarcoide e lucidamente antimilitarista, popolato da una serie di personaggi deliziosamente sopra le righe calati in situazioni in bilico tra il cartoon e lo slapstick, tra il surreale e il paradosso. La macchina da presa è in fermento costante, sinuosa e plastica, mai prevedibile, spesso sorprendente, mentre il montaggio è metronomico e mozzafiato, di algebrica precisione. Di livello anche la prova del cast, con menzione speciale per Dany Boon, che, con un'interpretazione marcatamente fisica e frenetica, fa del suo Bazil un'irresistibile maschera comica.
Ottimo, per una volta, il doppiaggio italiano, pessima, come sempre, la scelta di modificare totalmente il titolo del film.
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